domenica 2 aprile 2017

Gottfried Benn, "Cervelli", Adelphi


 Il giovane dottor Rönne, con gli occhi pieni delle immagini dei cadaveri sezionati in due anni di lavoro da anatomopatologo, fatica a trovare una collocazione coerente per l'uomo nella realtà del cosmo. 
 In particolare non riesce a conciliare la “sostanza spirituale” propria dell’uomo, le sue percezioni e le sue astrazioni, con la cruda animalità della sua sostanza corporea e con la sfuggente concretezza della natura. Di certo riconosce che il mondo viene individualmente inventato più di quanto sia dato oggettivamente; ma questa invenzione è sempre mutevole, imperfetta, screziata, e non si traduce mai nella serenità di un sicuro possesso.
Tra città immerse in un’aura magica, la cura delle giovani prostitute di un bordello, i discorsi frivoli e meno frivoli dei borghesi, il lavoro dei popolani e dei contadini nei campi, il fiorire dell’attrazione erotica, Rönne si affida al fluire delle proprie sensazioni alla ricerca costante di qualche stabile punto di riferimento. Ma questa ricerca pare non avere sbocchi definitivi, e lo strappo fra sentimento del singolo e categorie conoscitive condivise è sempre dolorosamente vivo, come una ferita aperta e non rimarginabile.

Gottfried Benn nel suo studio


 Le intense geometrie liriche di questo piccolo libro rendono la lettura ricchissima di spunti e suggestioni, che germogliano le une dalle altre non per elementari associazioni semi-conscie, come avviene nei surrealisti (lo fa giustamente notare Roberto Calasso nel suo breve saggio posto in coda alle prose di Benn), ma per effetto di una logica magari segreta ma consistente, che tende a disegnare un percorso che, se resta inconcluso, non è mai intimamente inconcludente.

Voto: 6,5

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