Il giovane dottor Rönne, con gli
occhi pieni delle immagini dei cadaveri sezionati in due anni di lavoro da
anatomopatologo, fatica a trovare una collocazione coerente per l'uomo nella
realtà del cosmo.
In particolare non riesce a conciliare la “sostanza spirituale”
propria dell’uomo, le sue percezioni e le sue astrazioni, con la cruda
animalità della sua sostanza corporea e con la sfuggente concretezza della
natura. Di certo riconosce che il mondo viene individualmente inventato più di
quanto sia dato oggettivamente; ma questa invenzione è sempre mutevole,
imperfetta, screziata, e non si traduce mai nella serenità di un sicuro
possesso.
Tra città immerse in un’aura
magica, la cura delle giovani prostitute di un bordello, i discorsi frivoli e
meno frivoli dei borghesi, il lavoro dei popolani e dei contadini nei campi, il
fiorire dell’attrazione erotica, Rönne si affida al fluire delle proprie
sensazioni alla ricerca costante di qualche stabile punto di riferimento. Ma
questa ricerca pare non avere sbocchi definitivi, e lo strappo fra sentimento del singolo e categorie conoscitive condivise è sempre dolorosamente vivo,
come una ferita aperta e non rimarginabile.
Gottfried Benn nel suo studio
Le intense geometrie liriche di
questo piccolo libro rendono la lettura ricchissima di spunti e suggestioni,
che germogliano le une dalle altre non per elementari associazioni semi-conscie, come avviene nei surrealisti (lo fa giustamente notare Roberto Calasso nel suo breve
saggio posto in coda alle prose di Benn), ma per effetto di una logica magari
segreta ma consistente, che tende a disegnare un percorso che, se resta inconcluso,
non è mai intimamente inconcludente.
Voto: 6,5
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