venerdì 21 aprile 2017

Neil Shubin, "Il pesce che è in noi", Rizzoli


(recensione di Laura Uva, neurobiologa)


 Scritto dal paleontologo Neil Shubin, Il pesce che è in noi illustra scoperte (anche dell’autore stesso) e propone osservazioni volte a raccontare l’origine del nostro corpo e a spiegarne alcune caratteristiche peculiari, precisando aspetti inediti della nostra storia evolutiva.
 Le caratteristiche anatomiche dell’uomo, che di primo acchito sembrano così diverse da quelle degli altri mammiferi e - a maggior ragione - di anfibi, rettili o pesci, in realtà hanno molto in comune con quelle di altri animali apparentemente da noi lontanissimi.
 Attraverso lo studio della paleontologia, dell’embriologia, della genetica e dell’anatomia, infatti, si scopre quanto possano essere inaspettatamente antiche le basi su cui è costruita la nostra struttura. Pensiamo, per esempio, ai nostri arti: essi presentano una sequenza tipica: un osso (ad esempio, l’omero nel braccio)-due ossa (radio e ulna nell’avambraccio)-un gruppo di ossa (quelle del carpo nella mano)-una serie di ossa (le falangi). Una sequenza analoga è riconoscibile in tutti gli animali che possiedano un arto, dagli uccelli alle balene, ed è stata osservata ad uno stadio primitivo addirittura nel fossile di un pesce, a cui è stato dato il nome di Tiktaalik, scoperto dall’autore di questo libro nel 2004!
 Oltre che per i peli e le ghiandole mammarie, i mammiferi si distinguono per la presenza di tre ossicini nell’orecchio medio: martello, incudine e staffa. Se si confrontano embrioni umani e di squalo, si nota che entrambi, in una fase del loro sviluppo, presentano quattro archi branchiali, ovvero dei rigonfiamenti da cui si originano le strutture della testa: dal primo arco si originano le mandibole e, nell’uomo, anche gli ossicini incudine e martello dell’orecchio medio, mentre dal secondo arco si forma una lamina cartilaginea che nello squalo va a formare due ossa di supporto delle mandibole, ma nell’uomo dà luogo a piccole strutture della testa e della gola, tra cui la staffa dell’orecchio medio. 

 Il paleontologo Neil Shubin

 Gli archi branchiali erano però già presenti nell’anfiosso, un invertebrato, ad indicare che le basi che hanno portato allo sviluppo della testa risiederebbero addirittura in un animale privo di cranio.
Allo stesso modo Shubin racconta l’evoluzione delle strutture deputate alla vista, all’olfatto, allo sviluppo del corpo, andando a sottolineare ciò che accomuna, piuttosto che ciò che distingue i vari esseri viventi.
 Un altro esempio: il corretto sviluppo dell’occhio dipende da un gene chiamato Pax 6, mentre lo sviluppo dell’orecchio orecchio interno dipende da un gene chiamato Pax 2. In animali antichi come le cubomeduse sono presenti degli occhi complessi il cui sviluppo dipende da un gene che è un mosaico tra Pax 2 e Pax 6; a suggerire che occhi e orecchie potrebbero avere un’origine comune.
 Il libro è interessante e istruttivo; il linguaggio utilizzato è semplice, attento alle esigenze della divulgazione scientifica senza per questo diventare banale; la lettura riesce sempre piacevole e stimolante.
 A chi consigliarlo? A chiunque sia affascinato dalla stretta parentela tra l’uomo e gli altri animali, e sia curioso di conoscere l’origine e i passaggi che hanno portato gli animali ad assumere certe caratteristiche a partire da un impianto antico e comune, differenziandolo successivamente in modo specifico: partiamo distinguendo esseri unicellulari e pluricellulari; tra questi ultimi possiamo riconoscere esseri viventi caratterizzati da assi di simmetria, poi quelli dotati di cranio e spina dorsale (vertebrati); in seguito raggruppiamo quelli con quattro arti e successivamente quelli con tre ossicini (mammiferi), e fra questi distinguiamo gli animali che camminano in posizione eretta e hanno un cervello molto grande: gli esseri umani.
 Tornando indietro, troviamo il nostro passato.

Voto: 8

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