sabato 8 aprile 2017

Jim Harrison, "Ritorno sulla terra", Rizzoli


 Consideravo pochi giorni fa come l'urgenza, da tutti dichiarata, di approvare finalmente una legge sul "fine vita" nel nostro Paese si sia a poco a poco smorzata insieme all'eco delle cronache di un recente avvenimento (la scelta di un uomo - Fabiano Antoniani detto dj Fabo -, tetraplegico e cieco in seguito a un incidente, di accedere al suicidio assistito in Svizzera) che pure aveva impressionato notevolmente l'opinione pubblica italiana; a conferma del fatto che la discussione politica, ormai, sembra vivere non di ideali e di profonde riflessioni, ma di slogan e di effimere emozioni. Discutere seriamente della morte senza scadere nel pettegolezzo è evidentemente una cosa che il dibattito pubblico non può sopportare, e che va decisamente al di là delle forze attuali della nostra società. 
 Mi sembra perciò quanto mai appropriato proporre oggi un affascinante romanzo dello scrittore americano Jim Harrison, scomparso giusto un anno fa, che riesce a raccontare come un’avventura la morte di un uomo e il faticoso ritorno a una vita normale dei suoi familiari.
 Donald ha quarantacinque anni, vive con la moglie Cynthia a Marquette, nella regione delle grandi foreste dell’Upper Peninsula, presso il Lago Superiore, e nelle sue vene scorre sangue finlandese e pellerossa. Da giovane è stato un atleta assai prestante, ma da circa un anno gli è stata diagnosticata una malattia degenerativa, il morbo di Lou Gehrig, che lo condanna alla progressiva e totale perdita di controllo sul proprio corpo. Quando la malattia diventa insopportabile, con piena consapevolezza e nell’assoluto rispetto della propria personale religione, direttamente derivata dalle credenze degli indiani Chippewa, Donald decide di rinunciare alla vita. Con l’aiuto dei suoi familiari, profondamente addolorati ma solidali con lui, si reca in Canada, sulla collina dove tempo prima, durante tre giorni passati a meditare con il supporto di un vecchio stregone, aveva precisato la sua concezione panteistica della natura; qui, stesosi sul fondo di una fossa sopra un letto di fronde di pino, tenendo per mano sua moglie si addormenta per sempre dopo avere ingoiato un tubetto di barbiturici.

Jim Harrison

 L’accettazione della morte di Donald, il tentativo di comprendere la sua scelta e di capire fino in fondo il suo punto di vista, assai concreto, ma insieme straordinariamente immaginifico, impegnerà da quel momento tutti quelli che gli sono stati vicini: Cynthia in primo luogo, ma insieme a lei anche la figlia Clare e il figlio Herald, il fidanzato di Clare Kenneth (detto K), il cognato David. Per ciascuno di loro il “ritorno sulla terra” sarà il risultato dell’elaborazione del lutto, dell’assimilazione della scomparsa di Donald nel proprio mondo interiore, e di un approdo alla visione della morte come un fatto sconvolgente ma perfettamente naturale, alla stregua delle foreste e della neve, dei cervi e degli orsi.
 Il libro è diviso in quattro parti, e ciascuna di esse ha un narratore diverso: la prima Donald stesso, che detta a Cynthia la storia propria e dei propri antenati; la seconda K, che rilegge il racconto di Donald e descrive i suoi ultimi giorni fino alla morte; la terza David, che osserva le reazioni dei suoi familiari alla scomparsa di Donald e colloca quest’ultima nella prospettiva della storia della propria famiglia; l’ultima Cynthia, che cinque mesi dopo la morte del marito cerca di rimettere in moto la propria esistenza e nel contempo di stare vicino a Clare, la più turbata dalla scomparsa del padre.
 Nel passaggio di testimone da un narratore all'altro, il punto di vista cambia ma l'orizzonte si apre sempre di più: ciascuno innesta la vicenda di Donald nel proprio vissuto personale, e cerca di dare ad essa un senso compiuto. L'enormità tragica dell'evento viene così filtrata attraverso le piccole cose della quotidianità, le idiosincrasie e i desideri di ognuno dei narratori (K coltiva il suo rapporto con Clare, ma è da sempre attratto da sua madre Cynthia; David è cronicamente distratto, costantemente sovrappensiero e ossessionato dal ricordo di quell'uomo terribile che fu suo padre; Cynthia, nonostante la disperazione, torna ad apprezzare le passeggiate nella neve e le gioie del sesso), e acquista a poco a poco un profilo "domestico". Al lettore resta alla fine l'impressione di avere a che fare con un libro di sublime semplicità.

Voto: 7

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