domenica 6 maggio 2018

Alice Munro, "La vita delle ragazze e delle donne", Einaudi


 Penso che quello conferito ad Alice Munro nel 2013 sia di gran lunga il Nobel per la Letteratura più meritato degli ultimi anni. 
 Grazie alla sua scrittura densa e lineare, alla sapiente gestione del punto di vista - la voce narrante è quasi sempre interna, ma pone fra sé e la materia narrata una distanza temporale tale da riuscire a essere nel contempo fuori e dentro gli eventi narrati -, alla capacità di far venire a galla i grandi problemi esistenziali parlando in maniera semplice e diretta di questioni inerenti la quotidianità spicciola delle persone, Munro riesce a unire nel proprio discorso concretezza descrittiva e levità lirica forse più di ogni altro scrittore oggi in attività.
 La scrittrice canadese è considerata fra i più grandi maestri del racconto, eppure, da un certo punto di vista, è come se tutta la sua produzione insistesse sulla riscrittura di un unico grande romanzo, ambientato nell'Ontario sud occidentale e con protagonisti degli alter ego femminili capaci di esplorare via via tutte le sfaccettature della sua avventura biografica.
 E, d'altra parte, si può osservare come i singoli capitoli delle sue opere che più si avvicinano strutturalmente alla forma-romanzo siano trattabili come dei racconti a sé stanti, perfettamente autonomi rispetto alle altre sezioni del libro di cui fanno parte: è il caso, ad esempio, di Chi ti credi di essere? (Who do you think you are?) del 1978, o di questo La vita delle ragazze e delle donne (Lives of girls and women), uscito nel 1971 ma proposto solo ora al pubblico italiano.
 Il libro si compone di otto capitoli, ciascuno dei quali mette a fuoco una fase diversa del progressivo passaggio della protagonista-narratrice, Del Jordan, dall'infanzia all'età adulta; i diversi capitoli, però, non sono perfettamente consecutivi l'uno all'altro dal punto di vista temporale: vi sono continui sfasamenti, sovrapposizioni, fughe in avanti e ritorni al passato che, in virtù dell'assoluta autonomia letteraria delle singole porzioni del romanzo, a rigore, è forse sbagliato considerare tecnicamente dei flash back o dei flash forward. 
 Le vicende raccontate sono tutte ambientate a Jubilee, immaginaria cittadina che sorge fra le campagne dell'Ontario meridionale, nei pressi del fiume Wawanash, tra gli anni quaranta e l'inizio degli anni cinquanta del Novecento: nei primi capitoli, quando Del e suo fratello Owen sono ancora bambini, si avvertono gli echi della Seconda guerra mondiale in corso (si fa riferimento a personaggi che partecipano al conflitto, e alle obbligazioni emesse dal Tesoro per finanziare lo sforzo bellico), mentre in seguito la guerra viene citata come qualcosa che ci si è ormai lasciati alle spalle, e che è avvertito come lontano dal punto di vista psicologico, se non proprio cronologico. 
 Del è una ragazzina, e poi una ragazza - e alla infine una donna fatta - che cresce confrontando via via le aspirazioni e i sogni che la sua sensibilità e le conoscenze acquisite con gli studi (per i quali è particolarmente portata) fanno nascere in lei, con la mentalità e le abitudini dominanti nel Canada rurale degli anni quaranta che fa da sfondo alla sua storia; un mondo in cui le prescrizioni della morale religiosa appaiono cogenti, in cui l'adesione a una delle Chiese rappresentate a Jubilee (unitaria, battista, cattolica, anglicana) dipende in larga parte dal ceto sociale di appartenenza, in cui i libri sono considerati cose per bambini e sono del tutto superflui per gli adulti, in cui scopo precipuo della donna è il matrimonio, e il sesso è insieme argomento tabù ed elemento centrale nella vita di ciascuno, tanto da trasformarsi naturalmente in bruciante, affascinante mistero e pensiero dominante.
 Il contesto famigliare di Del, in realtà, è abbastanza particolare: il padre è un allevatore di volpi (le cui pellicce erano allora assai richieste) che passa tutta la settimana in Flats Road, fuori città - dove sorge il suo allevamento -, insieme al suo lavorante, lo "zio Benny", e si riunisce al resto della famiglia solo nel fine settimana; mentre la madre, divenuta agnostica per il fatto di essere figlia di una fanatica religiosa, crede nella cultura, e cerca di vendere enciclopedie a contadini per i quali si può dire che la lettura non sia certo il passatempo principale. Il suo obiettivo principe è quello di veder realizzate nella figlia le proprie ambizioni di emancipazione ed elevazione sociale.
 Del, dal canto suo, si sente contemporaneamente proiettata verso un mondo "altro" - chiamata a una vita diversa rispetto a quella che vede intorno a sé -, e singolarmente attratta e permeata dall'ambiente in cui cresce, a cui è tentata di aderire completamente, se non altro come forma di reazione alle pressioni della madre.      

Alice Munro

  Anche perché tutto quello che sostanzia la personalità femminile della protagonista - la costruzione delle proprie amicizie, l'individuazione dei propri punti di riferimento, l'esplorazione del mondo degli adulti, la scoperta di sé, del proprio corpo, delle proprie ardenti pulsioni erotiche - affonda le radici nella città in cui Del si trova a crescere. E, proprio per via di questa "immersione", l'ambiente in cui vive non può che salarle il sangue, diventare consustanziale alla sua storia, con tutte le sue sfumature e il suo portato di umanità, che finisce come sempre per andare oltre le ipoteche culturali e i pregiudizi dominanti connaturati a quel mondo.
 In quest'ottica, nell'ideale proiezione verso il futuro della storia di Del, la scrittura stessa può apparire una soluzione per tenere insieme l'una e l'altra cosa, un mezzo per promuoversi culturalmente e per andare oltre il proprio contesto originario, conservando al contempo il passato recuperato attraverso un filtro capace di farlo rivivere, di nobilitarlo, di dargli un senso compiuto.
 Nei diversi capitoli, il tema centrale - per una storia che ha per protagonista una ragazza in età puberale - non può che essere quello della graduale scoperta e dell'incontro con il sesso, sul quale Del dapprima continuamente e astrattamente fantastica, spiando gli adulti, spiando i coetanei maschi, in compagnia della sua storica amica Naomi, e al quale poi, ai tempi delle superiori, si avvicina, con curiosità e circospezione, per imparare infine sull'uomo, sulla donna e sulle forze che li agiscono quanto basta per maturare con consapevolezza le sue proprie scelte. 
 Da questo punto di vista Naomi, che finisce per cadere nella trappola del matrimonio riparatore con un uomo che casualmente l'ha messa incinta, costituisce lo specchio rovesciato che mostra a Del ciò che ella non vuole essere e che trova infine la forza per decidere di non essere. Tutto ciò, senza che il destino di Naomi appaia in sé e per sé necessariamente in tutto e per tutto negativo o "sbagliato".
 L'amore, il sesso, le tempeste emotive che li accompagnano - o, al contrario, il pensiero del loro esorcistico rifiuto - fungono da lente che consente alla protagonista, ormai cresciuta, di mettere meglio a fuoco le vicende di tanti dei protagonisti della sua infanzia e della sua adolescenza, e più in generale della vita di Jubilee: dallo "zio Benny" allo zio Craig (impegnato nel suo studio a redigere gli annali dell'esistenza minuta degli uomini nella sua città natale), dalle zie zitelle Elspeth e Grace a Fern Dogherty (inquilina e amica della madre, impiegata all'ufficio postale, cantante lirica e donna dalla mentalità e dai costumi singolarmente disinvolti), da Art Chamberlain (il presunto amante di Fern Dogherty, palesatosi poi come un inaffidabile e innocuo pervertito che ama scandalizzare le fanciulle) a miss Farris (l'insegnante della locale scuola media impegnata con tutta se stessa nell'organizzazione dell'annuale messa in scena dello spettacolo di operetta, che pone fine alla propria solitudine annegandosi nel Wawanash), da Jerry Storey (il nerd dall'altissimo quoziente intellettivo con il quale, quasi per inerzia, Del finisce per accompagnarsi ai tempi del liceo, pur non essendone fisicamente attratta), a Garnet (il giovane e rozzo mercante di legname, convertito alla Chiesa Battista, per il quale Del concepisce una passione travolgente, e con il quale per la prima volta sperimenta le accensioni, i turbamenti e le problematiche di un rapporto "adulto").
 Dato che, come abbiamo detto, ciascuno degli otto capitoli di cui si compone il romanzo è trattabile alla stregua di un racconto a sé stante, possiamo provare a individuare i più riusciti. Pur riconoscendo che il livello della scrittura di Alice Munro è sempre mediamente altissimo, ne voglio scegliere tre: Eredi della viva carne (in cui vengono tratteggiate le poeticissime figure delle zie Elspeth e Grace), La vita delle ragazze e delle donne (il cuore del romanzo, in cui viene sviluppato il tema della crescente consapevolezza di sé di Del in relazione alla figura della madre e alle influenze dell'ambiente in cui vive), e Battesimi (con la scoperta del sesso e il definitivo ingresso nella vita adulta da parte di Del, che si imbatte nei primi fallimenti e nella necessità di compiere le prime, irrevocabili scelte importanti).
 A suggello di questa recensione vorrei dire che l'augurio migliore che si possa fare a un lettore che si appresta a prendere in mano un libro è quello di trovarvi la stessa capacità di rievocare in tutta la sua autenticità, attraverso la sola parola scritta, un universo di pensieri e sentimenti a lui estraneo che io trovo sempre nei libri di Alice Munro.

Voto: 8,5

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