domenica 3 giugno 2018

Carlo Rovelli, "Sette brevi lezioni di fisica", Adelphi


 Questo prezioso, piccolo libro è stato pubblicato per la prima volta poco meno di quattro anni fa, ma mi inducono a parlarne ora, da una parte, l'occasione costituita dall'uscita di una versione audio, con l'autore stesso che "recita" le sue lezioni di fisica a beneficio degli ascoltatori; dall'altra, la quotidiana constatazione che, al di là e indipendentemente dal più elementare nozionismo, una mentalità scientifica è quanto di più lontano si possa concepire dall'abituale modo di pensare della maggioranza degli italiani.
 Il testo si articola per l'appunto in sette lezioni che, senza soffermarsi su dimostrazioni matematiche per comprendere le quali sarebbe necessario avere alle spalle anni di apprendistato, illustrano i principali lineamenti delle teorie scientifiche che costituiscono i pilastri della fisica contemporanea.
 Queste teorie vengono spiegate in maniera limpida e lineare, ricorrendo ove necessario a concreti esempi, vivide immagini e metafore, che hanno lo scopo di renderle comprensibili anche al lettore che non ha seguito un corso di studi specialistico e, mettendone in luce gli aspetti controversi e problematici, ne traducono le implicazioni culturali filosofiche in una visione del mondo complessa ma coerente.
 Le sette lezioni riguardano la teoria della Relatività (La più bella delle teorie), la teoria dei quanti, la struttura del cosmo, le particelle elementari, l'origine del cosmo, i buchi neri - messi in relazione con il calore e lo scorrere del tempo -, e, infine, il posto dell'uomo nell'universo.
 Lo stile di Rovelli è sempre estremamente brillante: riesce a rivolgersi a interlocutori con un diverso livello di competenza senza risultare quasi mai banale per gli uni né astruso per gli altri, e senza nemmeno rinunciare a una lieve, bonaria ironia, che va per lo più a pungolare la categoria alla quale egli stesso appartiene, quella degli scienziati.
 Brevi citazioni o aneddoti biografici (da e su Einstein, Planck, Bohr, Bernard Ryman, Michael Faraday, Ludwig Boltzmann, ecc.) e autobiografici alleggeriscono la trattazione, e avvicinano in qualche modo al lettore le mitiche figure dei "padri" della fisica moderna.

Carlo Rovelli

 Memorabile, ad esempio, la descrizione del "colpo di genio" che permise ad Einstein di arrivare a formulare la Teoria della relatività generale, a cui si giunge attraverso il racconto di come l'autore stesso - allora all'ultimo anno di Università - arrivò a intuire il ragionamento di Einstein osservando, in vacanza, il mare di Calabria che brillava, si increspava e si gonfiava sotto il sole. Il colpo di genio del grande fisico tedesco - che ragionava sulla forza di gravità e sul campo gravitazionale in analogia con le caratteristiche note del campo elettromagnetico -, consistette nel comprendere come il campo gravitazionale non agisca dentro lo spazio, ma sia esso stesso lo spazio (anzi, lo spazio-tempo), e curvi, e deformi tutto ciò che in esso è immerso, quasi si trattasse di un enorme mollusco.
 Altrettanto degna di nota la messa a fuoco della singolare inconciliabilità tra alcuni assunti della teoria della Relatività e la meccanica quantistica - che singolarmente, con il loro approccio rispettivamente continuo e discreto alla realtà, funzionano benissimo -, frutto di interminabili dibattiti tra scienziati di prima grandezza, Bohr e Einstein in primo luogo, con il famoso esperimento mentale dello "scatolone pieno di luce" sul quale i due fisici si confrontarono per anni.
 Vale la pena di ricordare anche la definizione dell'idea cardine secondo la quale la realtà esiste solo in quanto relazione, esattamente come l'elettrone risulta individuabile e identificabile come tale solo nel momento in cui urta un'altra particella; in caso contrario "non esiste", o esiste solo come "nuvola di probabilità diffusa".
 O ancora, l'osservazione secondo la quale si può concepire il trascorrere del tempo anche solo in funzione dei passaggi di calore dagli oggetti più caldi a quelli più freddi (senza passaggio di calore non si dà un futuro diverso dal passato), cosa che permette di formulare alcune singolari considerazioni sui buchi neri e sulla storia dell'universo.
 Mi piace riportare, in chiusura, una considerazione proposta nell'ultima lezione, quella dedicata a Noi, al portato delle più recenti teorie scientifiche in termini di visione del mondo, di trattazione filosofica del ruolo dell'uomo nell'universo. 
 Rovelli, a un certo punto, osserva che non solo noi essere umani siamo una specie relativamente recente, ma non sembriamo neppure destinati a durare troppo a lungo. Tendiamo infatti a comportarci in maniera tale da deteriorare quelle condizioni ambientali che consentono la nostra vita sulla terra. Così, oltre ad essere probabilmente l'unica specie capace di concepire la nostra morte individuale, potremmo presto diventare la prima specie a maturare la consapevolezza dell'imminenza e dell'ineluttabilità della propria estinzione collettiva; "di certo" sottolinea Rovelli, "non abbiamo la stoffa delle tartarughe", che perdurano pressoché uguali a se stesse da centinaia di milioni di anni. 
 E' piuttosto triste ammetterlo, ma guardandomi intorno mi dico che tale conclusione potrebbe essere non troppo lontana dalla realtà. 

Voto: 8

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