sabato 30 giugno 2018

Sandra Petrignani, "La Corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg", Neri Pozza


 Ponderosa biografia di Natalia Ginzburg che cerca di esplorare nel dettaglio ogni aspetto della vita e dell'opera della scrittrice, mettendo in relazione diretta i due ambiti - laddove è possibile farlo in maniera documentata -, e rivelando le sfaccettature meno note e più interessanti della sua complessa personalità.
 Il lavoro di Sandra Petrignani è imponente: al di là dell'accuratissima ricerca di ogni attendibile fonte bibliografica in grado di fornire informazioni sulla Ginzburg, l'autrice visita tutti i luoghi in cui si svolsero le diverse fasi della sua vicenda, intervista i testimoni diretti (quelli ancora in vita) degli eventi che la riguardarono, e scova insospettabili testimoni indiretti tra i discendenti di coloro che più ebbero a che fare con lei, e che trasmisero a chi era loro più vicino qualche gustoso aneddoto riguardante l'autrice di Lessico famigliare.
 Per evitare che il lettore possa essere sopraffatto dall'abbondanza e dalla varietà del materiale prodotto, la Petrignani sceglie saggiamente di procedere in ordine cronologico, mettendo in fila le diverse stagioni della vita di Natalia Ginzburg, scandite ora dal succedersi degli eventi sovente drammatici che costellarono la sua esistenza, ora dagli snodi più significativi della sua carriera di scrittrice, ora dalle svolte che la sua poetica e le sue modalità espressive conobbero, ora dal succedersi delle tappe del palesarsi del suo ruolo di opinion leader nella scena pubblica italiana; un ruolo per molti versi in netto contrasto con gli aspetti più evidenti del suo carattere.
 Il libro risulta così suddiviso in quattro parti, ciascuna delle quali conta un numero differente di capitoli: 11+12+9+8, per un totale di quaranta capitoli in tutto.
 Natalia Levi nacque a Palermo nel 1916, ma quando era ancora piccolissima la sua famiglia si trasferì a Torino. Ultima figlia di Giuseppe Levi, detto Pom - celebre medico e studioso di istologia di origine ebraica, in seguito maestro di ricercatori del calibro di Rita Levi Montalcini e di Renato Dulbecco -, e di Lidia Tanzi (sorella di Drusilla, la Mosca di Eugenio Montale), crebbe in un ambiente domestico intellettualmente assai vivace, dove però la forte personalità dei genitori e l'intraprendenza e l'espansività dei fratelli e della sorella maggiore rischiarono spesso di schiacciarla, facendola sentire la maglia nera del gruppo. La sensazione fu accentuata dalla sua innata timidezza e dal fatto che a scuola fosse considerata una studentessa non brillantissima.
 Tutto questo non le impedì peraltro di scoprire molto presto la sua vocazione di scrittrice: i suoi primi racconti furono inviati alla rivista fiorentina Solaria quando Natalia aveva solo 17 anni, grazie all'intercessione di Leone Ginzburg, amico del fratello Mario, destinato poi a diventare suo marito.
 Leone, figlio illegittimo di Vera - moglie di Fedor Nikolaevic Ginzburg - e di Emilio Segrè, straordinario giovane studioso, fu l'anima del progetto culturale dal quale, nel 1933, nacque la casa esitrice Einaudi, dove introdusse anche la sua futura moglie. Leone e Natalia si sposarono nel 1938; nei pochi anni che il destino concesse loro di vivere insieme ebbero tre figli. Leone, infatti, perseguitato per via della sua militanza antifascista e delle sue origini ebraiche (tanto da essere costretto a nascondersi con la famiglia sotto falso nome nel paesino centroitalico di Pizzoli), morì in carcere nel febbraio del 1944 per via delle torture subite in condizioni di salute già di per sé piuttosto precarie. Natalia ne onorò sempre la memoria conservandone il nome.

 Sandra Petrignani

 Non furono facili per la giovane vedova né gli ultimi mesi della guerra nell'Italia occupata (durante i quali dovette più volte spostarsi e nascondersi per sottrarsi alle retate dei nazisti), né la fase dell'immediato dopoguerra (quando, in grandi ristrettezze economiche nonostante l'impiego nella sede romana della casa editrice Einaudi, e totalmente smarrita per la perdita del marito, arrivò a tentare il suicidio).
 Si riprese, infine, riuscendo a sfoderare un'indole insospettatamente determinata e indipendente sia sul lavoro (il suo ruolo all'interno dell'Einaudi divenne sempre più importante), sia nella vita privata (visse appassionate per quanto effimere storie d'amore sia con Italo Calvino - che al contrario di altri colleghi della casa editrice la trovava bellissima, specie in costume da bagno e con il rossetto - sia con il peraltro sentimentalmente impegnato Salvatore Quasimodo).
 Nel 1950 - l'anno di un'altra grande tragedia, quella costituita dal suicidio dell'amico e maestro Cesare Pavese - si risposò con l'anglista Gabriele Baldini, così diverso dal primo marito. Per quanto la coppia fosse perfettamente affiatata, l'unione della Ginzburg con Baldini non fu priva di dolori, da una parte per via della nascita di due figli disabili (Susanna nel 1954, e Antonio che, venuto al mondo nel 1959, morì l'anno successivo), dall'altro per la prematura scomparsa dello stesso Gabriele, nel 1969. Del resto, accanto a Baldini Natalia completò la sua maturazione letteraria, pubblicando a breve distanza di tempo l'uno dall'altro alcuni dei suoi libri più noti, quali ValentinoLe voci della seraLe piccole virtù e Lessico famigliare, con cui nel 1963 vinse il Premio Strega e che le regalò finalmente un notevole successo di pubblico e di critica.
 Nel decennio successivo la Ginzburg si dedicò soprattutto alla produzione teatrale, spesso trascurata dai suoi studiosi, e su cui invece Sandra Petrignani si sofferma a lungo, rilevando come proprio qui prenda corpo quella riflessione sulla crisi dell'istituto famigliare e quella critica sociale imperniata sull'analisi della trasformazione del ruolo dell'uomo e di quello della donna nella nostra contemporaneità che Natalia avrà modo di approfondire in seguito (è nelle opere teatrali che compaiono per la prima volta quelle donne frivole, deboli, sventate o disorientate, e quegli uomini in perenne fuga dalle proprie responsabilità o caratterizzati da un incerto orientamento sessuale che saranno al centro di un romanzo notevole come Caro Michele, uscito nel 1973).
 Nel corso degli anni settanta - nel clima cupo delle stragi, del terrorismo, della strategia della tensione - Natalia Ginzburg, grazie al proprio impegno come editorialista su diversi quotidiani (La Stampa, il Corriere della Sera, ecc.) si trasforma a poco a poco in una voce importante, ascoltata, spesso originale, qualche volta controcorrente del dibattito pubblico italiano; la notorietà così raggiunta favorirà qualche anno dopo il suo ingresso in Parlamento, dove entrerà dopo essere stata eletta alla Camera dei Deputati nelle liste del Partito Comunista, e dai cui scranni farò spesso sentire forte e chiara la sua voce.
 L'impegno politico non la terrà peraltro lontana dalla letteratura, e anzi durante gli anni ottanta uscirà quello che da molti è ritenuto il suo libro migliore: La famiglia Manzoni, in cui trasforma il monumento della letteratura italiana Alessandro Manzoni nell'oggetto di un indagine socio-antropologica, avvicinando il suo profilo umano alla sensibilità del lettore moderno come nessuno era mai riuscito a fare prima. Gli fu spesso accanto, in questo periodo, il terzo personaggio maschile di fondamentale importanza nella sua esistenza: l'amico fraterno Cesare Garboli.
 Natalia Ginzburg lucida e in piena attività fino all'ultimo, morirà a Roma, non ancora vecchia, dopo una rapida malattia, nel 1991.
 Il pregio maggiore del libro di Sandra Petrignani è la capacità di approfondire tutti i nodi problematici della personalità di Natalia Ginzburg (il rapporto complesso con il sentimento religioso, ad esempio, vissuto con la sensibilità di una donna di origine ebraica, educata al laicismo e convertitasi da adulta al cristianesimo; o il suo ambiguo rapporto con la modernità post-sessantottesca; o il suo atteggiamento nei confronti del sesso; o la sua originale interpretazione della femminilità e delle ragioni del femminismo...).
 Il limite più grosso è invece la didascalica compostezza che a volte assume nel suo sviluppo ritmico la scrittura; tale caratteristica, in un'opera dal respiro quasi enciclopedico come questa, si traduce a tratti in una certa pesantezza del dettato (ciò del resto non impedisce che vi siano anche passi decisamente vivaci e guizzanti).
 Non mi convince poi il titolo, la cui scelta è comunque ben argomentata dall'autrice, che designando Natalia Ginzburg intellettuale "corsara", tende ad accostare la sua figura a quella di Pasolini. Ma a me pare che la Ginzburg fosse affatto diversa da Pasolini, non già perché fosse più prudente nell'esprimere le proprie opinioni, ma perché la sua coerenza, la sua perentorietà, la sua decisione nascevano da un'indole incline al ripiegamento su certe forme di intimismo "borghese" per lo più estranee alla patente trasgressività antiborghese di Pasolini; e poi la timida franchezza della Ginzburg aveva un timbro del tutto differente dall'incalzante sincerità di Pasolini.

Voto: 6,5

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