domenica 3 febbraio 2019

Mauro Novelli, "La finestra di Leopardi", Feltrinelli


 Per pura combinazione, non molto tempo fa, mi sono imbattuto in un vecchio libro non troppo dissimile da questo per intenzioni dichiarate e impostazione di fondo: La scrittrice abita qui di Sandra Petrignani. 
 Convinta, come Novelli, che le case possiedano "un'ineguagliabile capacità narrativa", Sandra Petrignani entrava nelle dimore storiche di alcune tra le più grandi scrittrici del Novecento (Grazia Deledda, Marguerite Yourcenar, Colette, Alexandra David-Néel, Karen Blixen, Virginia Woolf) cercando nel fascino sprigionato dalle stanze che esse avevano abitato testimonianze della loro personalità e del loro modo di essere, e le tracce di possibili intersezioni dell'aspetto degli ambienti che le avevano viste vive con la loro biografia e la loro opera.
 La scelta di Novelli cade invece sulle abitazioni di scrittori italiani, non solo del Novecento ma anche dei secoli precedenti, site in Italia, e visitate non tanto - o non solo - per feticismo o voyeurismo, ma, come scrive l'autore nell'Introduzione, per "trovare nella realtà le impronte della fantasia, dopo aver cercato nella fantasia le impronte della realtà"; per riconoscervi, insomma, la parte di noi maturata a contatto con i libri scritti da chi quelle case ha fisicamente occupato.
 Del resto, i due testi appaiono molto diversi per il tono e per il passo adottato, e per la curvatura letteraria impressa alla scrittura: Sandra Petrignani procede per attente osservazioni e corpose analisi, finendo per creare delle storie di ampio respiro capaci di restituire un vero e proprio ritratto originale delle scrittrici incontrate; Mauro Novelli procede invece per suggestioni, che si concretizzano in una serie di affondi di tenore lirico - più che critico - nella vita e nell'opera degli autori trattati: il suo è dichiaratamente un "viaggio sentimentale" nelle case dei grandi scrittori italiani.
 Il libro è indubbiamente molto gustoso, sebbene disuguali per fascino appaiano i diversi capitoli (vi si distinguono le sezioni più articolate, che nascono da una visita e da una ricognizione approfondita agli ambienti un tempo occupati dagli scrittori su cui si focalizza l'obiettivo, e gli "intermezzi" in corsivo, che nascono semplicemente dal richiamo di una targa, di un'iscrizione, di un oggetto, di un ricordo).

Mauro Novelli

 Difficile raccontarli tutti: a me paiono molto riusciti quello dedicato alla casa di Alessandro Manzoni a Milano, capace di conservare l'incanto del "grigio ambrosiano" che rispecchia alla perfezione la sobrietà dell'autore dei Promessi Sposi; quello su "D'Annunzio d'acqua dolce e altri laghisti lombardi", dove l'ipnotica opulenza del Vittoriale, curiosamente scelto dallo scrittore pescarese all'apice della fama per il suo splendido isolamento, viene messa in relazione con il complesso rapporto che ebbero con altri specchi d'acqua dall'aspetto più o meno cupo, dislocati in terra di Lombardia, i vari Fogazzaro, Gadda, Parini, Piero Chiara; quello dedicato alla casa di Pasolini a Casarsa, dove Pier Paolo condivise col fratello Guidalberto una stanza con le pareti rossoblu, in onore dei colori sociali del Bologna, la squadra di calcio di cui era tifoso, dove nel dopoguerra lo scrittore si attrezzò per vivere una vita da piccolo intellettuale di provincia (progetto sbriciolato dal processo per corruzione di minorenne che, come è noto, piombò addosso a Pasolini alla fine del 1949), dove il padre rimase ad annegare i dispiaceri nell'alcol.
 Ho trovato inoltre particolarmente interessanti gli intermezzi su Ludovico Ariosto in Garfagnana (dove, per tre anni, l'autore del Furioso non smise di sognare la "dolce Emilia", mentre tra mille difficoltà gli toccava tentare di amministrare per conto del duca Alfonso I ottantatré comunità in continua e aperta discordia fra loro) e su Curzio Malaparte a Capri (dove lo scrittore fece costruire, durante il ventennio fascista, una splendida villa in un'area sotto tutela ambientale grazie ai buoni uffici dell'amico Galeazzo Ciano, per poi lasciarla, alla sua morte alla Repubblica Popolare Cinese - che peraltro non ne entrò mai in possesso perché il testamento fu impugnato dai familiari dello scrittore).
 I passi più intriganti, naturalmente, sono quelli in cui si riesce a creare uno speciale cortocircuito tra passato e presente - o comunque tra epoche diverse - che apre la via a considerazioni che esulano dalla pura e semplice biografia degli scrittori visitati; come quando, a Recanati, notando quanto spesso i personaggi delle poesie leopardiane cantano, fischiettano o improvvisano motivi ritmati, Novelli si chiede: "quando ha smesso di cantare l'Italia"? O come quando, trattando delle carceri da cui passarono numerosi scrittori italiani per i motivi più vari, nota la straordinaria attualità delle scritte lasciate sui muri delle celle dello Steri, a Palermo (dove per anni imperversò l'Inquisizione), dai tanti che passarono di lì, e ha quasi l'impressione di sentire le grida, gli sberleffi, le imprecazioni le risate, i lamenti, i pianti di coloro che quelle iscrizioni tracciarono. O ancora, come quando, presso la villa del Meleto, nel Canavese, per sottolineare come Gozzano se ne andò "nel momento giusto", si immagina l'assurdo del poeta sopravvissuto a se stesso, nel secondo dopoguerra, "mite vecchietto spaesato nella Torino gonfiata a dismisura dall'immigrazione". 
 Unico limite del libro, per me, quel pizzico di compiacimento accademico che di tanto in tanto si avverte nello stile dell'autore; cosa che, peraltro, non inficia il piacere della lettura.

Voto: 6,5

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