sabato 29 agosto 2020

Paolo Volponi, "I racconti", Einaudi

 Anni fa, durante la stesura della mia tesi di laurea, focalizzata su quei romanzi di Paolo Volponi capaci di coniugare una robusta indole realistica con quella tendenza alla sperimentazione formale così tipica dell'autore urbinate, andavo naturalmente leggendo anche tutto ciò che, uscito dalla penna dello scrittore, non era oggetto specifico del mio studio. 
 Allora, essendo ancora praticamente da iniziare la digitalizzazione dei testi della nostra tradizione letteraria, specie novecentesca, mi costò non poca fatica reperire fisicamente in archivi e biblioteche i racconti, usciti su giornali e riviste talvolta ormai defunte. Volponi, infatti, non raccolse mai in volume i risultati delle sue sporadiche ma non esigue incursioni in questo genere, né mai programmò di farlo.
 Così ha suscitato in me una certa curiosità e molti ricordi prendere in mano questo libro nato per iniziativa di Emanuele Zinato e uscito per i tipi di Einaudi nel 2017. Il testo comprende in tutto 12 racconti di natura, ispirazione, dimensione ed epoca diversa; agli 8 racconti già singolarmente pubblicati si aggiungono l'originalissima sceneggiatura Annibale Rama, creata nel 1965 su richiesta della Rai per una produzione televisiva mai realizzata, e tre racconti giovanili considerati perduti e ritrovati da Caterina Volponi fra le carte del padre.
 Alcuni dei racconti sviluppano il nucleo originario di temi poi più estesamente trattati all'interno dei romanzi; altri hanno un impianto fiabesco, con una forte componente simbolica (un po' come avviene nella più articolata vicenda che costituisce la spina dorsale de Il pianeta irritabile); altri ancora individuano filoni narrativi che richiamano le problematiche care a Volponi (la giustizia sociale, la tutela dei lavoratori, una filosofia del progresso svincolata dall'ottusità delle leggi del mercato capitalistico) ma configurano vicende del tutto originali. Personalmente trovo i racconti "fiabeschi" (Un re cieco e Tordo balordo hai voluto morire) i meno convincenti; del resto, non sono mai stato un grande estimatore neppure de Il pianeta irritabile, esaltato da molti critici.
 Fra gli altri, Annibale Rama colpisce per via del suo contenuto, in netto anticipo sui tempi: il protagonista eponimo, infatti, è un giovane progettista al servizio di una grande azienda industriale che, nel 1965, quando ancora non esistono i calcolatori elettronici, riesce a inventare un computer capace di rivoluzionare nella loro globalità i processi produttivi partendo dalla raccolta e dall'elaborazione statistica dei dati: Zinato, nella sua introduzione, definisce Annibale Rama una sorta di Steve Jobs ante litteram. Ciò che colpisce, al di là del "profetismo" tecnologico, è l'approccio umanistico con il quale Annibale promuove e cerca di mettere a frutto la sua invenzione.
  Accingersi all'impresa, del 1967, è forse il più noto dei racconti volponiani; in esso confluisce tutta la competenza di appassionato e collezionista d'arte dell'autore. Protagonista, in questo caso, è un antiquario insoddisfatto della propria vita con la moglie e degli oggetti d'arte - pure di un certo pregio - stipati nel proprio magazzino che lascia tutto per lanciarsi in una ricerca forse senza speranza: quella delle mitiche lastre di rame, considerate perdute ma di cui i documenti riportano una traccia tenace che potrebbe condurre fino al presente, sulla base delle quali Canaletto realizzò le proprie acqueforti. Il racconto è un canto in onore di chi riesce a liberarsi delle proprie inveterate abitudini e di ogni pregiudizio per cercare di rifondare il proprio futuro partendo da una rilettura ex novo della storia.
 
Paolo Volponi
 
 La fonte, del 1984, dovrebbe far riflettere su chi insiste ottusamente sul presunto "utopismo" di Paolo Volponi, basandosi sulla sua adesione alle posizioni di una sinistra radicale. La narrazione mette in scena la morte a Siena dei fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti nel 1348, durante la Peste nera che decretò la fine del periodo di maggior benessere economico della città (il cosiddetto "Facciatone", resto colossale del tentativo di ampliamento della cattedrale abbandonato proprio in seguito alla crisi di metà del Trecento, ne è plastica testimonianza). La città in balia della pestilenza descritta da Volponi è un luogo emblematico, in cui la tensione verso il futuro non può passare per vaghi progetti solidaristici, bensì per una pragmatica presa d'atto della ferocia delle leggi di natura, a cui nessuno può pensare di sottrarsi individualmente (la capra che prende possesso del giardino urbano in cui i due fratelli sono spirati viene uccisa dai monatti quando, con arroganza, esce dal proprio territorio, sentendosi ormai quasi padrona della città agonizzante).
 Anche Una suora risale al 1984; protagonista del racconto è una giovane monaca che, in un mondo desolato afflitto da conflitti e pestilenze (siamo forse nel periodo della Guerra dei Trent'anni), ogni sera esce dal proprio convento per prostituirsi onde ricavare ciò che è necessario per il sostentamento suo e delle sue consorelle. La rivoluzionaria avventura della suora finirà in tragedia, ma prima di morire in seguito alle torture a cui viene condannata dall'autorità, la protagonista darà alla luce una bambina, destinata a sua volta a morire giovane non senza testimoniare con le sue virtù il nocciolo di speranza che, a beneficio dell'umanità, è in grado di generare chi sa consapevolmente e audacemente andare oltre le gabbie morali che gli sono imposte da una società oppressiva.
 Iride, del 1985, è invece centrato sulla figura di una sindacalista ventinovenne, consapevole di se stessa e del proprio corpo, indipendente dal punto di vista economico, sentimentale e sessuale, che riflette su come reintegrare nel tessuto produttivo quei lavoratori che l'automazione dei processi industriali tende a escludere dal novero di coloro che possono svolgere una mansione professionalmente "utile".
 Terribile ma memorabile è poi Talete, in cui si immagina il filosofo presocratico accingersi a divorare se stesso pezzo a pezzo, nella propria città assediata, rifiutando di cedere al cannibalismo come fanno tutti gli altri intorno a lui.
 Fra i racconti giovanili recuperati, infine, il più bello è Piragna, dedicato a un personaggio singolarmente strambo, oggetto di derisione da parte della comunità in cui vive, ma che racchiude in sé una insospettabile complessità e si porta dietro una dolorosa storia d'amore.
 Anche i racconti su cui non mi sono voluto soffermare (Nerone, Per me è l'angolo più tranquillo e Novembre è il mese), però, contengono una scintilla capace di risvegliare l'interesse del lettore; in generale, infatti, si può dire che il livello dei testi proposti sia quello che è legittimo attendersi da un grande scrittore.

Voto: 7

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