In questo sosfisticato romanzo, l'esperienza della realtà non si può ricondurre alle consuete dimensioni e alle regolari geometrie sulle quali è parametrata la struttura della nostra personalità come di solito ce la figuriamo: gli eventi non si concatenano l'uno all'altro secondo una lineare sequenza logica e cronologica, e l'essere umano fatica a rispecchiarsi in maniera univoca e affidabile nella propria condotta e nel suo modo di relazionarsi con i propri simili.
L'idea stessa dell'esistenza di caratteri ben determinati e di norme di comportamento che ne sono la chiara esplicitazione va in frantumi: se la vita non è una successione di fasi conseguenti e non prevede una logica progressione, il suo racconto non può che tradursi nell'occasionale rivisitazione di una serie di sparsi frammenti di memoria il cui ordine di presentazione riveste un'importanza secondaria, e il cui peso nel definire l'aggregato di quella che chiamiamo, forse impropiamente, la nostra individualità è difficilmente stimabile a priori.
Diverse sono le storie che si alternano, si intrecciano e si combinano nel corso della narrazione. Tutte queste storie hanno, almeno in apparenza, due fulcri in comune: il primo è Mario, che potremmo definire il protagonista del libro e, forse, l'alter ego dell'autore; il secondo è una data, il 17 giugno, giorno del compleanno di Mario e ricorrenza significativa negli eventi che il libro riporta.
Mario è un insegnante e uno scrittore, vive a Padova - pur essendo nato a Camisano Vicentino - anche se in passato motivi di lavoro e questioni personali lo hanno spesso portato a Roma. Mario è l'elemento unificante fra i vari personaggi di cui la narrazione è costellata, e il discorso che lo riguarda dovrebbe tenere insieme le vicende eccentriche di cui via via si parla. In realtà non è così, perché la personalità di Mario è in qualche modo "esplosa": egli vive più di una vita contemporaneamente e il suo percorso esistenziale pare tutt'altro che lineare e coerente; fantasie, sogni e verità sono spesso indistinguibili negli episodi che lo vedono coinvolto, e l'incerta collocazione cronologica dei suoi ricordi indebolisce sensibilmente il loro statuto di realtà agli occhi del lettore (talvolta il passato fa premio sul presente - come quando sua madre ricorda l'esatta collocazione delle stanze nella casa dove viveva, e che sorgeva dove ora si stende il parcheggio di un supermercato. Altre volte la narrazione di un evento remoto nel tempo perde consistenza e credibilità alla luce di quello che è avvenuto in seguito e che noi già sappiamo - come quando il sinistro Santiago minaccia la piccola Agnese, che noi abbiamo già avuto modo di incontrare all'età di vent'anni).
Succede così che, invece di strutturarsi in maniera magari articolata ma coerente intorno alla figura di Mario, i diversi racconti proposti - ciascuno frammentato in diverse unità presentate senza seguire un ordine cronologico - precipitino nella coscienza del protagonista per riemergevi sotto forma di relitti di ricordi appannati e distorti.
Giulio Mozzi
C'è Lucia, il primo amore di Mario, conosciuta alla fine dell'ultimo anno di liceo, intensamente e pressoché platonicamente amata, morta improvvisamente nel pieno di un'estate, investita da un'auto sul ciglio di una strada; trasfiguratasi poi, nella sopravvivenza della memoria, nella sensazione dell'umido e sensuale contatto delle sue labbra con quelle del protagonista.
C'è Bianca, una donna affetta da schizofrenia che è stata l'amante di Mario e che forse ha avuto una figlia da lui, Agnese. Il problema è che, da quando è rimasta incinta, Bianca si è allontanata dal protagonista, rifiutandosi categoricamente di incontrarlo, di fargli vedere Agnese o di rivelargli alcunché sulla sua vita quotidiana; salvo ripresentarsi e bussare alla sua porta tutte le volte che ha bisogno di soldi o ha un problema da risolvere. A un certo punto poi, per via del disagio mentale dal quale è affetta, Bianca viene privata della responsabilità genitoriale su Agnese, che viene affidata a un'altra famiglia e così "scompare".
La ragazza ricompare poi a Mario casualmente anni dopo, quando ormai è una giovane adulta e, senza riconoscerlo, si siede con un'amica di fronte a lui su un treno. Il protagonista viene a sapere in tale circostanza che quella che suppone essere sua figlia ha posato nuda per un fotografo, che poi ha esposto la sua opera in una mostra d'arte erotica allestita da Vittorio Sgarbi. Mario la visiterà, credendo di riconoscere il corpo di Agnese da un neo sopra l'ombelico, nella stessa posizione in cui lo aveva anche sua madre Bianca.
C'è Viola, che diventerà la moglie di Mario, con il quale conduce un'esistenza tranquilla e abitudinaria, ma che segretamente si concede per soldi ad altri uomini (anche se poi non utilizza il denaro con il quale si fa pagare le proprie prestazioni sessuali, raccogliendolo in una borsa di tela) e che incontra un'amante dal quale gode a farsi schiavizzare.
C'è Santiago, un giovane aspro e prepotente con il quale Mario intrattiene un misterioso legame omoerotico, e che asseconda nelle proprie sconvolgenti perversioni, come quella di seviziare e di uccidere nella vasca da bagno dei cani di piccola taglia (in una delle ultime scene del romanzo, con sommo orrore, il posto del cane verrà preso da una anonima bambina, in quello che forse - vista la sua totale decontestualizzazione - è solo un incubo agghiacciante del protagonista).
C'è il Gas, un pittore misconosciuto ma estremamente interessante, che Mario comincia a frequentare e del quale diventa a poco a poco il migliore amico, condividendo con lui il processo di genesi creativa delle sue opere.
C'è il Terrorista Internazionale, un uomo coinvolto in alcune delle trame più oscure che hanno caratterizzato gli anni di piombo - l'epoca degli attentati senza mandanti palesi e della "strategia della tensione" -, che, nonostante l'aura sinistra che lo circonda, appare banalmente come una persona anziana che accompagna tutti i giorni il proprio cagnolino a fare pipì.
C'è il Maestro, l'uomo che ha denunciato il Terrorista Internazionale - pagandone per anni le conseguenze - e con il quale il giovane Mario ha avuto a che fare quando lavorava nell'ufficio stampa di una potente organizzazione sindacale che il Maestro era stato chiamato a dirigere.
Ci sono i genitori di Mario, inevitabilmente invecchiati, costantemente timorosi di perdere la propria autonomia, la memoria e la consapevolezza di sé.
Ci sono le fototessere, residui di una vecchia istallazione dell'artista Franco Vaccari alla biennale di Venezia del 1972, in cui a un giovanissimo Mario era stato chiesto di lasciare traccia di sé con una piccola striscia di ritratti fotografici; ritratti fotografici che, però, nel tempo presente, sembrano al protagonista tutt'altro che una testimonianza fedele del se stesso di una volta.
E poi ci sono fatti che potrebbero essere riferiti a più personaggi o a nessuno, come quello della lettera che viene recapitata a una donna adulta dal padre, che non vede più da anni ma che da ragazzina aveva l'abitudine di violentarla; senza che che questo la induca a concepire per lui odio o disprezzo. Chi è questa donna? Bianca, Viola o, addirittura, Agnese? Oppure la figlia del Terrorista Internazionale, che fa una fugace comparsa nella narrazione lasciando al pittore Gas - che vorrebbe trasformarla nella propria modella - le sue poesie da leggere?
Alla fine, il libro si fa leggere, ed aappare anche curioso e piacevole. Rimane la sensazione che la realtà umana sia qualcosa di inafferrabile, tenuta insieme dal tenue involucro delle parole; parole che arrivano a costituire una sorta di epidermide del mondo, una morbida membrana che ci permette di entrare in contatto con esso, che lo rende conoscibile e percepibile da parte nostra; magari solo in quella maniera vagamente emotiva e ultra-razionale che è il solo modo effettivo con cui possiamo rapportarci ad esso.
In poche parole: con Le ripetizioni Giulio Mozzi descrive un mondo in cui l'esperienza della realtà è priva di qualsiasi consequenzialità di tipo logico-cronologico, e in cui la personalità stessa del protagonista subisce una destrutturazione sulla base dell'irriducibile varietà dei suoi modi di essere e di una assoluta mancanza di linearità nei suoi ricordi.
Così, di fronte alla costitutiva inafferrabilità dell'esistenza, soltanto le parole - autentica epidermide del mondo - possono permetterci di tenere insieme la nostra individualità e di entrare in contatto (magari solo emotivamente) con ciò che è percepibile e conoscibile da parte nostra.
Voto: 6,5
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