Di Marguerite Yourcenar, in Italia, ultimamente, si legge e si fa leggere quasi esclusivamente Memorie di Adriano, il romanzo che, nella ricostruzione della biografia del grande imperatore, celebra il punto di maggiore splendore toccato dalla Romanità, il modello umano in cui si incarnava la mentalità che essa esprimeva, e il suo portato filosofico, compendio della visione del mondo propria dell'età classica prima della diffusione e del trionfo del cristianesimo.
C'è però un altro testo della scrittrice francese che merita di essere ricordato e letto; è anch'esso un romanzo storico-filosofico e si intitola L'opera al nero.
L'opera al nero è ambientato nell'Europa nel Cinquecento, nell'epoca in cui il Rinascimento si estingue nell'irrigidimento dottrinario che Riforma protestante e Controriforma portano con sé, e nei prodromi nelle guerre di religione. Protagonista della storia raccontata è Zenone, figlio illegittimo di un giovane e affascinante prelato italiano, Alberico de' Numi, e di Hilzonde, sorella sedicenne di un ricco mercante, banchiere e imprenditore tessile fiammingo. Nato a Bruges nel 1509, Zenone - come sovente capitava allora ai figli illegittimi cresciuti in famiglie abbienti - viene destinato dallo zio Enrico-Giusto Ligre alla carriera ecclesiastica, e per questo riceve una vasta istruzione letteraria, filosofica e teologica sotto la guida del dotto canonico Bartolomeo Campanus.
Il temperamento curioso e trasgressivo di Zenone, tuttavia, non può accontentarsi di una cultura tutta e solo libresca: la sua ricerca del sapere non disdegna un'indagine "dal vero" dell'anatomia umana - perseguita grazie al legame col barbiere-chirurgo Jean Myers -, e l'esperienza dei principi della fisica e della meccanica, esplorati in collaborazione con l'amico Colas Gheel, un tessitore rozzo ma abile che lo aiuta a costruire dei telai meccanici capaci di svolgere da soli il lavoro di più operai.
A vent'anni, Zenone decide di lasciare la casa dove è nato e di mettersi in viaggio: in qualità di medico, alchimista e protoscienziato vivrà per più di trent'anni nelle corti di mezza Europa e del mondo arabo, al servizio di Signori e sovrani fra i più illustri dell'epoca, maturando a poco a poco assunti filosofoci che, pubblicati, lo esporranno all'accusa di eresia; tanto che, al suo ritorno a Bruges più che cinquantenne, sarà costretto a nascondersi sotto la falsa identità di Sebastiano Theus.
A Bruges, dopo la tragica morte del vecchio barbiere-chirurgo, presso l'abitazione del quale si è sistemato, Sebastiano Theus trova posto come medico interno presso il convento dei Cordiglieri, con il Priore dei quali (uomo colto e sensibile, capace di elevarsi al di sopra dei pregiudizi del suo tempo) ha stretto una profonda amicizia.
Qui, nel 1569, a tradirlo involontariamente è il suo giovane collaboratore frate Cipriano che, coinvolto insieme ad altri novizi in una boccaccesca storia di convegni carnali con una fanciulla di nobili origini - durante i quali la ricerca del piacere sessuale si confonde con giochi e fantasie che si prestano a riecheggiare riti pagani e vecchie utopie teologicamente eterodosse -, costretto sotto tortura a indicare i suoi complici, fa il nome del suo medico.
A quel punto Zenone, posto di fronte al dilemma se essere giustiziato come peccatore carnale o essere processato come eretico, sceglie la seconda via e rivela la sua identità. Il processo gli consentirà di esporre le sue teorie difendendole in punta di logica; cosa che non gli risparmierà, nonostante i buoni uffici del suo vecchio maestro, il canonico Campanus, e del vescovo medesimo, la condanna al rogo. Prendendo in mano la propria sorte, Zenone si darà allora la morte da sé, aprendosi le vene come un antico filosofo.
Una giovanissima Marguerite Yourcenar
A dispetto delle accuse di "anacronismo" che vennero formulate all'uscita del libro a proposito delle idee attribuite ad alcuni dei personaggi, L'opera al nero riesce ad analizzare con notevole finezza quella sospensione tra pensiero magico, misticismo, fanatismo religioso, utopismo, materialismo e approccio scientifico alla conoscenza che è una condizione archetipica della mente umana e uno degli eterni dilemmi della psicologia di ogni uomo; e, contemporaneamente, fu una caratteristica della turbolenta evoluzione della mentalità nel periodo storico preso in esame.
Nello stesso tempo, la Yourcenar mette in relazione con assoluta naturalezza religione, ideali filosofici, dinamiche del potere e lotta di classe come forse nel 1968 - anno di pubblicazione del romanzo - sembrava scontato, mentre oggi purtroppo non lo è.
Interessante il titolo, che fa riferimento alla prima fase del processo alchemico, quella legata al colore nero, che si compie con la dissociazione degli elementi e la purificazione della materia; nella storia esemplare di Zenone è come se questo passaggio si realizzasse a nome di tutta l'umanità (in un duplice senso: perché Zenone attraversa le false convinzioni della sua epoca per avviarsi a un diverso metodo di ricerca della verità, e perché Zenone alla fine sacrifica la sua stessa vita per creare i presupposti, autodistruggendosi, di un più puro modo di esistere).
Vi sono pagine davvero meravigliose nel romanzo, capitoli che da soli valgono l'opera intera di molti scrittori: mi piace qui citare quelle in cui si descrive la nascita e l'evoluzione dell'amore tra Hilzonde - abbandonata da Alberico de' Numi, richiamato a Roma presso la curia pontificia, e poi rimasta "vedova" - e il vecchio e mite Simone Adriansen, folgorato dagli ideali comunitari e pauperisti degli Anabattisti; quelle in cui si parla dell'avventura grandiosa e allucinante degli Anabattisti al potere a Munster, e della sua terribile conclusione nel 1535, quando la città fu assediata, presa e saccheggiata dalle truppe cattoliche e da quelle luterane, coalizzate contro quella forma di radicale comunismo evangelico predicata dai "fratelli in Cristo", che minacciava l'autorità di principi e cardinali; quelle della morte di Benedetta Fugger, maldestramente assistita dalla sua pavida cugina Marta Adriansen durante la peste di Colonia; quelle della "passeggiata" di Zenone da Bruges fino al mare del Nord, con il proposito, poi accantonato, di imbarcarsi per l'Inghilterra; e poi quelle finali, del processo e della morte di Zenone, cariche di pietà e di orrore, di forza e di bellezza.
Resta alla fine l'impressione di un testo che, per quante volte lo si rilegga, è sempre in grado di dire qualcosa di nuovo e di riservare sorprese.
In poche parole: sebbene di Marguerite Yourcenar, in Italia, si legga e si citi ormai quasi solo le Memorie di Adriano, esiste almeno un altro testo della scrittrice francese che non smette di brillare e che, per quante volte lo si rilegga, è sempre in grado di dire qualcosa di nuovo: L'opera al nero.
Anch'esso è un romanzo storico-filosofico, ambientato però nelle Fiandre del Cinquecento, l'epoca in cui lo slancio del Rinascimento si estingue nell'irrigidimento dottrinario che la Riforma protestante e la Controriforma portano con sé, e nei prodromi delle guerre di religione. Protagonista della vicenda raccontata è Zenone, medico, teologo, alchimista, protoscienziato, che attraversa il secolo e l'Europa di allora alla ricerca di una conoscenza che - come avviene nella prima fase del processo alchemico - forse può avere origine solo dall'olocausto dei fondamenti filosofici di ogni idea pregressa sull'uomo, su Dio e sul mondo la civiltà cristiana pretenda di consegnare alla modernità.
Voto: 8
Nessun commento:
Posta un commento