domenica 23 agosto 2015

Lars Gustafsson, "L'uomo sulla bicicletta blu", Iperborea


 Secondo quanto dichiarato dall’autore stesso, questo è un libro costruito attorno ad alcune fotografie scattate dal padre di Lars Gustafsson negli anni venti del Novecento, interpretate basandosi sul loro potere evocativo.
 La vicenda raccontata si svolge in una giornata di ottobre del 1953: la guerra con i suoi orrori è ormai da tempo alle spalle, e le angosce e le miserie che angustiano gli uomini non assumono più carattere collettivo ed epocale, bensì episodico ed individuale.
 Protagonista del romanzo è Jan Victor Frieberg, un uomo che ha da poco doppiato la boa dei quarant’anni, e di mestiere fa il rappresentante; in sella a una bicicletta blu, trasportando sul portapacchi una enorme e pesantissima valigia, gira nella desolazione dell’autunno le fattorie del sud della Svezia cercando di vendere il nuovo, rivoluzionario robot da cucina prodotto dalla Elektrolux.
 Ma il lavoro, il più delle volte è frustrante: è difficilissimo convincere i contadini della regione della reale utilità del robot da cucina, e Janne Frieberg, aggiungendo le quotidiane delusioni del presente a quelle cocenti del passato (il disastro economico in cui si è risolta prima della guerra la gestione di una drogheria che aveva rilevato dai vecchi proprietari), finisce per sentirsi assolutamente un fallito. Del resto, anche sua moglie lo considera tale; glielo ha chiaramente gridato durante il furioso litigio che hanno avuto quella mattina stessa.
 Così, quando − al termine dell’ennesima brutta giornata in cui non è riuscito a concludere nulla − intravede un vecchio maniero in fondo a un lungo viale in salita, Janne si sforza di concepire la speranza che almeno lì gli venga data la possibilità di dimostrare di valere qualcosa.
 Mentre si avvicina alla casa, però, prima Janne scivola con la sua bicicletta nel fossato che costeggia il viale, e si ferisce seriamente a un polso, poi viene letteralmente aggredito da una muta di vivacissimi cani bassotti. L’ambiente che trova dentro l’abitazione, inoltre, è tutt’altro che propizio a concludere l’affare: in una grande cucina, tre inservienti stanno preparando il pranzo funebre della vecchia padrona di casa, che sta agonizzando nella stanza vicina. E quando la vecchia, in un ultimo soprassalto di lucidità, compare sulla porta del locale, sembra a Janne il ritratto stesso della morte; la cuoca si rende conto in quel momento di quanto sia inopportuna la presenza di quell’ignoto visitatore in cucina, e lo prega di accomodarsi in salotto.
 Lasciato solo nel silenzio del salotto, sempre più dolorante al polso, Janne prima comincia a sfogliare i libri e gli album di fotografie che trova appoggiati su un tavolino accanto alla poltrona su cui si è abbandonato; poi, a poco a poco, sprofonda nel sonno, e sogna.

Lars Gustafsson

 Da quel momento, sogno e vita reale si confondono: i frammenti narrativi che attraversano la mente di Janne impastano insieme i suoi ricordi e le immagini che ha appena osservato nell’album di fotografie, le sue aspirazioni e le sentenze dell’ignoto poeta del libro che ha avuto fra le mani, le sue fantasie e le storie e i nomi uditi per caso nel corso degli anni. Del resto, chi lo dice che i sogni abbiano uno statuto di realtà inferiore a quello della vita interiore che ci anima quando teniamo gli occhi aperti? Perché dovremmo annichilire quasi tutte le infinite possibilità che la ricchezza dei nostri pensieri ci offre sacrificandole alla nostra limitatezza biologica e alla ferocia del tempo che scorre?
 Janne, tra il sonno e la veglia, può allora addirittura arrivare a convincersi di non essere un commesso viaggiatore, ma un fotografo, come aveva immaginato in gioventù di poter diventare. E a quel punto, perché dovrebbe essere sciocco attendersi che la ragazza ritratta in alcune delle foto dell’album, fattasi nel frattempo una donna bellissima e altera, possa entrare nel salotto e, sullo slancio di un’affinità impossibile da negare, concederglisi seduta stante?
 Il romanzo è interessante e la storia narrata è sostenuta da una scrittura decisamente robusta. E tuttavia il gioco intellettualistico su cui esso si fonda è un po' troppo scoperto e sviluppato un po' troppo meccanicamente per non lasciare alla fine piuttosto perplessi.

Voto: 5,5

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