Secondo quanto dichiarato dall’autore stesso, questo è un
libro costruito attorno ad alcune fotografie scattate dal padre di Lars Gustafsson
negli anni venti del Novecento, interpretate basandosi sul loro potere
evocativo.
La vicenda raccontata si svolge in una giornata di ottobre
del 1953: la guerra con i suoi orrori è ormai da tempo alle spalle, e le
angosce e le miserie che angustiano gli uomini non assumono più carattere
collettivo ed epocale, bensì episodico ed individuale.
Protagonista del romanzo è Jan Victor Frieberg, un uomo che
ha da poco doppiato la boa dei quarant’anni, e di mestiere fa il
rappresentante; in sella a una bicicletta blu, trasportando sul portapacchi una
enorme e pesantissima valigia, gira nella desolazione dell’autunno le fattorie
del sud della Svezia cercando di vendere il nuovo, rivoluzionario robot da
cucina prodotto dalla Elektrolux.
Ma il lavoro, il più delle volte è frustrante: è
difficilissimo convincere i contadini della regione della reale utilità del
robot da cucina, e Janne Frieberg, aggiungendo le quotidiane delusioni del
presente a quelle cocenti del passato (il disastro economico in cui si è
risolta prima della guerra la gestione di una drogheria che aveva rilevato dai
vecchi proprietari), finisce per sentirsi assolutamente un fallito. Del resto,
anche sua moglie lo considera tale; glielo ha chiaramente gridato durante il
furioso litigio che hanno avuto quella mattina stessa.
Così, quando − al termine dell’ennesima brutta giornata in
cui non è riuscito a concludere nulla − intravede un vecchio maniero in fondo a
un lungo viale in salita, Janne si sforza di concepire la speranza che almeno
lì gli venga data la possibilità di dimostrare di valere qualcosa.
Mentre si avvicina alla casa, però, prima Janne scivola con
la sua bicicletta nel fossato che costeggia il viale, e si ferisce seriamente a
un polso, poi viene letteralmente aggredito da una muta di vivacissimi cani
bassotti. L’ambiente che trova dentro l’abitazione, inoltre, è tutt’altro che
propizio a concludere l’affare: in una grande cucina, tre inservienti stanno
preparando il pranzo funebre della vecchia padrona di casa, che sta agonizzando
nella stanza vicina. E quando la vecchia, in un ultimo soprassalto di lucidità,
compare sulla porta del locale, sembra a Janne il ritratto stesso della morte;
la cuoca si rende conto in quel momento di quanto sia inopportuna la presenza
di quell’ignoto visitatore in cucina, e lo prega di accomodarsi in salotto.
Lasciato solo nel silenzio del salotto, sempre più dolorante
al polso, Janne prima comincia a sfogliare i libri e gli album di fotografie
che trova appoggiati su un tavolino accanto alla poltrona su cui si è abbandonato;
poi, a poco a poco, sprofonda nel sonno, e sogna.
Lars Gustafsson
Da quel momento, sogno e vita reale si confondono: i
frammenti narrativi che attraversano la mente di Janne impastano insieme i suoi
ricordi e le immagini che ha appena osservato nell’album di fotografie, le sue
aspirazioni e le sentenze dell’ignoto poeta del libro che ha avuto fra le mani,
le sue fantasie e le storie e i nomi uditi per caso nel corso degli anni. Del
resto, chi lo dice che i sogni abbiano uno statuto di realtà inferiore a quello
della vita interiore che ci anima quando teniamo gli occhi aperti? Perché
dovremmo annichilire quasi tutte le infinite possibilità che la ricchezza dei
nostri pensieri ci offre sacrificandole alla nostra limitatezza biologica e
alla ferocia del tempo che scorre?
Janne, tra il sonno e la veglia, può allora addirittura
arrivare a convincersi di non essere un commesso viaggiatore, ma un fotografo,
come aveva immaginato in gioventù di poter diventare. E a quel punto, perché
dovrebbe essere sciocco attendersi che la ragazza ritratta in alcune delle foto
dell’album, fattasi nel frattempo una donna bellissima e altera, possa entrare
nel salotto e, sullo slancio di un’affinità impossibile da negare,
concederglisi seduta stante?
Il romanzo è interessante e la storia narrata è sostenuta da una scrittura decisamente robusta. E tuttavia il gioco intellettualistico su cui esso si fonda è un po' troppo scoperto e sviluppato un po' troppo meccanicamente per non lasciare alla fine piuttosto perplessi.
Voto: 5,5
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