venerdì 21 agosto 2015

Zygmunt Bauman, "Le sorgenti del male", Erickson



 In questo breve saggio del 2013, Zygmunt Bauman, uno dei più noti filosofi contemporanei, prova ad analizzare – partendo dai totalitarismi che hanno funestato il secolo scorso – le caratteristiche specifiche con le quali si manifesta il male quando, senza essere eticamente riconosciuto come tale dalla maggioranza, investe una intera comunità di individui, informandone i comportamenti prevalenti.
 Tre sono i passaggi principali della degenerazione della mentalità collettiva:
         1) La desensibilizzazione determinata dalla “diluizione” della responsabilità, che non fa capo mai soltanto a un singolo individuo, ma viene distribuita e sciolta fra una pluralità di individui le cui funzioni sono tra loro interconnesse. Per fare un esempio, il sistema con il quale venne attuato lo sterminio del popolo ebraico era congeniato in maniera tale che ciascuno dei tedeschi che radunava gli ebrei destinati alla deportazione, manovrava i treni diretti ai lager, apriva la manopola del gas, attizzava il fuoco nei forni crematori potesse sentirsi non pienamente responsabile del crimine che stava commettendo e fosse in grado di appellarsi genericamente alla necessità di ubbidire a “ordini superiori” o all’obbligo materiale di adeguarsi a una situazione “data”.
      2) La prevalenza dell’istanza economica su qualsiasi considerazione di ordine morale (nella Germania nazista si diceva che la spesa per il mantenimento in vita di un disabile era pari a quella che serviva per il sostentamento di un’intera famiglia “ariana”. Un ragionamento non troppo diverso, in fondo, da quello di chi oggi, nel nostro Paese, stigmatizza i 35 euro al giorno che occorrono per il mantenimento di un rifugiato politico, e si domanda quali benefici potrebbero ricavare gli italiani in termini di riduzione delle imposte se quella cifra  non fosse sborsata dallo Stato…).
      3) L’efficientismo fine a se stesso che porta ad un utilizzo disumanizzante della tecnologia, adeguando automaticamente, in maniera irriflessiva, i propri comportamenti agli scopi e ai meccanismi di funzionamento per cui macchine assai sofisticate e molto costose sono state create (così, se si spendono milioni di dollari per costruire la bomba atomica, poi bisogna usarla; se si armano dei droni per una missione intercontinentale, poi bisogna sganciare i missili che essi trasportano per giustificare l’impegno profuso e la spesa affrontata, anche se le condizioni che si trovano sul terreno non sono quelle che si erano immaginate…).
   
Il filosofo Zygmunt Bauman

       L’analisi di Bauman potrà forse far discutere in alcuni punti, ma è assai raffinata e risulta applicabile a una pletora di realtà diverse, nelle quali gli uomini sono costretti a vivere in condizioni di disagio: e non parlo solo di Stati in cui tuttora vigono regimi antidemocratici. Penso, ad esempio, alla tolleranza dello sfruttamento dei lavoratori in ambiti anche molto diversi fra loro, dall’abuso della manodopera bracciantile nelle campagne dell’Italia meridionale ai ritmi di lavoro impossibili a cui si dice siano costretti commessi e impiegati presso i magazzini di Amazon di Jeff Bezos. 

Voto: 6,5     

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