Con questo titolo abbastanza didascalico viene tradotto in italiano Old Herbaceous (vale a dire
“Il vecchio Gramigna”, dal soprannome del protagonista), un raffinato romanzo
del 1950 che in Gran Bretagna è considerato un piccolo classico, mentre da noi
è stato pubblicato solo pochi anni fa grazie a una lodevole iniziativa
editoriale della Elliot.
Si tratta della storia di Bert Pinnegar, un trovatello con
una gamba più corta dell’altra, nato sul finire dell’epoca vittoriana nel Gloucestershire, che
sotto la guida della direttrice della scuola del villaggio, Mary Brain – “la più
esperta conoscitrice di fiori selvatici della contea” –, impara a esplorare la
campagna e ad amare le piante e i fiori, tanto da arrivare a vincere a sorpresa
il seguitissimo concorso all’annuale mostra floreale.
Questo successo, insieme ad alcune altre circostanze fortunate
e agli incontri giusti, strapperanno il piccolo Bert alla carriera di
carrettiere, bovaro o contadino a cui pareva ineluttabilmente destinato come
tutti i figli del popolo al termine della loro breve esperienza scolastica nella seconda metà dell’Ottocento, aprendogli le porte del meraviglioso giardino dell’aristocratica
villa degli Charteris, al quale avrà accesso come semplice lavorante.
Da questo eden privato il timido ragazzo non uscirà più:
grazie alla passione, alla laboriosità e all’abilità mostrate, crescerà e poi
invecchierà a contatto con la natura, adeguandosi ai suoi ritmi, assecondandone
gli indomabili capricci e nel contempo apprendendo tutte le tecniche per
piegarne il rigoglio alle esigenze degli uomini; diventerà infine “Il vecchio Gramigna”
leggendario capo-giardiniere della tenuta, professionista universalmente ammirato,
uomo originale e caparbio, giudice temuto e rispettato in tutti i concorsi florovivaistici
della regione, capace di trattare con assoluta famigliarità la sofisticata
signora Charteris, alla quale rimarrà vicino fino all’estrema vecchiaia di
entrambi.
Peter Macqeen nei panni di Bert Pinnegar durante la rappresentazione di una trasposizione teatrale del romanzo
Durante l’arco di tempo della vita di Bert, l’Inghilterra
affronterà due guerre e innumerevoli cambiamenti epocali, che naturalmente giungeranno
a far sentire le proprie conseguenze anche sul microcosmo costituito dal
villaggio, dalla villa nobiliare e dal suo grande parco; ma, o vi arriveranno
come attutiti, o appariranno qualcosa di frivolo, passeggero e poco rilevante
rispetto ai ritmi della natura e alla sua inesauribile facoltà di generare
bellezza attraverso le forme, i colori e i profumi di un giardino.
La virtù principale del libro è lo straordinario senso di
levità, di placidità e di grazia che riesce a sprigionare in ogni suo passaggio
attraverso una scrittura semplice e fresca, sospesa tra la sottile, bonaria
ironia della voce del narratore e l’autenticità e la vivacità del punto di
vista di Bert: così, persino l’elenco dei fiori scelti per orlare un sentiero,
riempire un’aiuola o costruire una composizione può lasciarne intuire la
fragranza e riesce quasi ad acquistare un rilievo lirico (stuzzicando magari la
curiosità del lettore che non è un botanico o un esperto di giardinaggio fino a
spingerlo fare ricerche sull’aspetto e sulle caratteristiche dei fiori
nominati, come personalmente mi è più volte venuta voglia di fare).
Voto: 7
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