venerdì 28 agosto 2015

Reginald Arkell, "Memorie di un vecchio giardiniere", Elliot



 Con questo titolo abbastanza didascalico viene tradotto in italiano Old Herbaceous (vale a dire “Il vecchio Gramigna”, dal soprannome del protagonista), un raffinato romanzo del 1950 che in Gran Bretagna è considerato un piccolo classico, mentre da noi è stato pubblicato solo pochi anni fa grazie a una lodevole iniziativa editoriale della Elliot.
 Si tratta della storia di Bert Pinnegar, un trovatello con una gamba più corta dell’altra, nato sul finire dell’epoca vittoriana nel Gloucestershire, che sotto la guida della direttrice della scuola del villaggio, Mary Brain – “la più esperta conoscitrice di fiori selvatici della contea” –, impara a esplorare la campagna e ad amare le piante e i fiori, tanto da arrivare a vincere a sorpresa il seguitissimo concorso all’annuale mostra floreale.
 Questo successo, insieme ad alcune altre circostanze fortunate e agli incontri giusti, strapperanno il piccolo Bert alla carriera di carrettiere, bovaro o contadino a cui pareva ineluttabilmente destinato come tutti i figli del popolo al termine della loro breve esperienza scolastica nella seconda metà dell’Ottocento, aprendogli le porte del meraviglioso giardino dell’aristocratica villa degli Charteris, al quale avrà accesso come semplice lavorante.
 Da questo eden privato il timido ragazzo non uscirà più: grazie alla passione, alla laboriosità e all’abilità mostrate, crescerà e poi invecchierà a contatto con la natura, adeguandosi ai suoi ritmi, assecondandone gli indomabili capricci e nel contempo apprendendo tutte le tecniche per piegarne il rigoglio alle esigenze degli uomini; diventerà infine “Il vecchio Gramigna” leggendario capo-giardiniere della tenuta, professionista universalmente ammirato, uomo originale e caparbio, giudice temuto e rispettato in tutti i concorsi florovivaistici della regione, capace di trattare con assoluta famigliarità la sofisticata signora Charteris, alla quale rimarrà vicino fino all’estrema vecchiaia di entrambi.

 Peter Macqeen nei panni di Bert Pinnegar durante la rappresentazione di una trasposizione teatrale del romanzo

 Durante l’arco di tempo della vita di Bert, l’Inghilterra affronterà due guerre e innumerevoli cambiamenti epocali, che naturalmente giungeranno a far sentire le proprie conseguenze anche sul microcosmo costituito dal villaggio, dalla villa nobiliare e dal suo grande parco; ma, o vi arriveranno come attutiti, o appariranno qualcosa di frivolo, passeggero e poco rilevante rispetto ai ritmi della natura e alla sua inesauribile facoltà di generare bellezza attraverso le forme, i colori e i profumi di un giardino.
 La virtù principale del libro è lo straordinario senso di levità, di placidità e di grazia che riesce a sprigionare in ogni suo passaggio attraverso una scrittura semplice e fresca, sospesa tra la sottile, bonaria ironia della voce del narratore e l’autenticità e la vivacità del punto di vista di Bert: così, persino l’elenco dei fiori scelti per orlare un sentiero, riempire un’aiuola o costruire una composizione può lasciarne intuire la fragranza e riesce quasi ad acquistare un rilievo lirico (stuzzicando magari la curiosità del lettore che non è un botanico o un esperto di giardinaggio fino a spingerlo fare ricerche sull’aspetto e sulle caratteristiche dei fiori nominati, come personalmente mi è più volte venuta voglia di fare).

Voto: 7

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