giovedì 20 luglio 2017

Robert M.Pirsig, "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta", Adelphi


 Dopo la morte dell'autore, avvenuta durante la scorsa primavera, mi è venuta voglia di riprendere in mano questo storico libro, notevolmente impegnativo, che tratta di come l’impostazione filosofica di base di ognuno di noi possa influenzare il nostro rapporto con la realtà effettuale. Visto che si tratta di un libro di viaggio, quale momento migliore di un periodo di vacanza per ripercorrerne la lettura?
 Il protagonista, infatti, è in viaggio on the road attraverso il cuore degli Stati Uniti in motocicletta insieme al figlio bambino e a una coppia di amici. Il viaggio ha una valenza triplice: serve a rinsaldare il rapporto tra padre e figlio; rappresenta un’occasione per mettere alla prova l’approccio zen alla realtà moderna – incarnata dalla motocicletta e dalla tecnologia che governa le sue parti meccaniche – che il protagonista ha maturato; consente al protagonista stesso di ripercorrere il suo passato, inseguendo il se stesso di un tempo come se si trattasse di un'altra persona, o meglio di un fantasma. La netta separazione fra oggi e ieri è determinata dall’esperienza sconvolgente della malattia mentale a cui ha condotto Fedro (così il protagonista chiama il se stesso di un tempo, con riferimento a Platone) il tentativo di sottrarsi alle logiche della fredda razionalità che fin dai tempi dei greci ha dominato la vita dell’uomo occidentale, per cercare di scoprire se esiste una via alternativa per intraprendere la “ricerca della Qualità”.
 Grazie a queste tre componenti il rumore di fondo del viaggio diventa una lunga, minuziosa, originale, analitica esplorazione dei recessi della coscienza collettiva dell’uomo occidentale: nel suo monologo il protagonista lo chiama un “Chautauqua”.

 Robert M.Pirsig
O
 Ma cos’è la “Qualità” di cui tanto diffusamente parla Fedro nel suo difficile corpo a corpo con i classici della filosofia? Io direi che è la possibilità di “sentire” il pensiero senza subirlo come un implacabile processo deterministico, ovvero la capacità di sintonizzare il pensiero con il proprio rapporto con le cose, in maniera tale da vivere di pienezza emotiva e di consapevolezza logica, e non di un rigorismo psico-razionale apatico o destabilizzante.
 Lo Zen è la soluzione al Komehinismo della razionalità? È sicuramente una possibile soluzione, anche se l’equilibrio psicologico necessario a percorrere questa via non è facile da mantenere, e anzi la sua accanita ricerca rischia a tratti di compromettere il rapporto del protagonista col figlio, colui che più ha subito il trauma determinato dalla caduta nella follia del padre.
 La lettura è sicuramente interessante, ma non certo fluidissima; l’argomentazione esplicata nel serratissimo monologo del protagonista narratore si suddivide in tanti rivoli e a tratti si impaluda, tanto che le pause descrittivo-narrative paiono spesso troppo brevi anche solo per riprendere fiato.
 L'enorme successo avuto dal libro negli anni settanta appare oggi piuttosto sorprendente. Forse erano semplicemente altri tempi dal punto di vista letterario. 

Voto: 7

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