Dopo la morte dell'autore, avvenuta durante la scorsa primavera, mi è venuta voglia di riprendere in mano questo storico libro, notevolmente impegnativo, che tratta di
come l’impostazione filosofica di base di ognuno di noi possa influenzare il nostro rapporto con
la realtà effettuale. Visto che si tratta di un libro di viaggio, quale momento migliore di un periodo di vacanza per ripercorrerne la lettura?
Il protagonista, infatti, è in viaggio on the road attraverso il cuore degli
Stati Uniti in motocicletta insieme al figlio bambino e a una coppia di amici.
Il viaggio ha una valenza triplice: serve a rinsaldare il rapporto tra padre e
figlio; rappresenta un’occasione per mettere alla prova l’approccio zen alla
realtà moderna – incarnata dalla motocicletta e dalla tecnologia che governa le
sue parti meccaniche – che il protagonista ha maturato; consente al
protagonista stesso di ripercorrere il suo passato, inseguendo il se stesso di
un tempo come se si trattasse di un'altra persona, o meglio di un fantasma. La
netta separazione fra oggi e ieri è determinata dall’esperienza sconvolgente
della malattia mentale a cui ha condotto Fedro (così il protagonista chiama il
se stesso di un tempo, con riferimento a Platone) il tentativo di sottrarsi
alle logiche della fredda razionalità che fin dai tempi dei greci ha dominato
la vita dell’uomo occidentale, per cercare di scoprire se esiste una via
alternativa per intraprendere la “ricerca della Qualità”.
Grazie a queste tre componenti il
rumore di fondo del viaggio diventa una lunga, minuziosa, originale, analitica
esplorazione dei recessi della coscienza collettiva dell’uomo occidentale: nel
suo monologo il protagonista lo chiama un “Chautauqua”.
Robert M.Pirsig
O
Ma cos’è la “Qualità” di cui tanto
diffusamente parla Fedro nel suo difficile corpo a corpo con i classici della
filosofia? Io direi che è la possibilità di “sentire” il pensiero senza subirlo
come un implacabile processo deterministico, ovvero la capacità di sintonizzare
il pensiero con il proprio rapporto con le cose, in maniera tale da vivere di
pienezza emotiva e di consapevolezza logica, e non di un rigorismo
psico-razionale apatico o destabilizzante.
Lo Zen è la soluzione al
Komehinismo della razionalità? È sicuramente una possibile soluzione, anche se
l’equilibrio psicologico necessario a percorrere questa via non è facile da
mantenere, e anzi la sua accanita ricerca rischia a tratti di compromettere il
rapporto del protagonista col figlio, colui che più ha subito il trauma
determinato dalla caduta nella follia del padre.
La lettura è sicuramente
interessante, ma non certo fluidissima; l’argomentazione esplicata nel
serratissimo monologo del protagonista narratore si suddivide in tanti rivoli e
a tratti si impaluda, tanto che le pause descrittivo-narrative paiono spesso
troppo brevi anche solo per riprendere fiato.
L'enorme successo avuto dal libro negli anni settanta appare oggi piuttosto sorprendente. Forse erano semplicemente altri tempi dal punto di vista letterario.
Voto: 7
Nessun commento:
Posta un commento