domenica 31 gennaio 2021

Matsumoto Seicho, "Un posto tranquillo", Adelphi


 Tsuneo Asai, a quarantadue anni, è uno stimato funzionario del Ministero dell'Agricoltura, esperto, abile nel suo lavoro, rispettoso delle gerarchie, abbastanza furbo da intuire quali dei politici che si succedono al dicastero sono destinati a fare carriera e quali no, e da trarre vantaggio da questa sua perspicacia. 
 Un giorno, mentre si trova nella prefettura di Kobe in compagnia del suo diretto superiore, il capo di Gabinetto Shiraishi, riceve per telefono dalla cognata Miyako una notizia terribile: la sua seconda moglie Eiko è morta improvvisamente di infarto ad appena trent'anni. 
 Eiko, nonostante la sua giovane età, aveva in effetti problemi di cuore, e per questo conduceva una vita assolutamente tranquilla e regolata: la musica tradizionale e la composizione di haiku - disciplina nella quale eccelleva - eranno i soli suoi svaghi, cercava di evitare ogni sforzo, e perfino la sua vita sessuale col marito aveva dovuto subire rigide limitazioni da quando si erano manifestati i primi problemi di salute. Del resto Asai, che si sentiva fortemente attratto dalla moglie, anche prima della malattia aveva dovuto arrendersi al fatto di suscitare ben poco interesse da quel punto di vista in Eiko, donna apparentemente poco incline ad accendersi di passione.
 L'infarto che l'ha uccisa ha colto Eiko nel quartiere residenziale di Yoyogi, al termine di una strada in salita; sentendosi mancare, la donna è entrata in una piccola profumeria affacciata sulla strada per chiedere aiuto, e lì è spirata prima che la proprietaria, Takahashi Chiyoko, avesse il tempo di far venire un dottore. 
 Tutto sembra essere avvenuto in modo tragicamente lineare, e tuttavia Asai non può fare a meno di tormentarsi con un interrogativo, che a poco a poco diventa ostinato come un tarlo: cosa ci faceva Eiko in quel quartiere? La scuola di haiku che frequentava, infatti, si trova in un'altra zona di Tokyo, e nessuna delle sue amiche, per quanto ne sappia il marito, abita lì vicino. In compenso il quartiere è ricco di alberghi ad ore, quelle strutture, assai diffuse in Giappone, in cui gli amanti possono trovare rifugio, in assoluta riservatezza, per i loro incontri clandestini...
 Ossessionato dall'idea che la moglie lo tradisse, Asai comincia a visitare tutti gli alberghetti della zona, intervista inservienti e cameriere, ma non riesce a raccogliere nessuna informazione utile, nessun indizio che possa in qualche modo avvalorare i suoi sospetti.
 Non sentendosi comunque tranquillo, l'uomo cambia strategia e prova a ricostruire gli ultimi momenti di vita della moglie (a quell'ora la terra a Tokyo ha tremato, come sovente avviene, per un piccolo terremoto) e a concentrare la propria attenzione sul luogo in cui Eiko ha esalato l'ultimo respiro. 
 Ciò che complica le cose è il fatto che presto, per iniziativa di Takahashi Chiyoko, la profumeria lascia il posto all'ennesimo albergo a ore di Yoyogi. La trasformazione, peraltro, è strana: per aprire un nuovo albergo occorrono molti soldi, e la profumeria non sembrava essere un'attività così redditizia; nonostante questo, l'albergo ha inglobato anche la grande villa che sorgeva sul terreno proprio accanto al piccolo esercizio commerciale. Affidandosi a un investigatore privato, Asai questa volta riesce a raccogliere informazioni interessanti: scopre infatti che Chiyoko, la proprietaria della profumeria, è lagata sentimentalmente a un imprenditore molto danaroso e del tutto privo di scrupoli; che la villa inglobata nel nuovo albergo apparteneva a Kubo Konosuke, un uomo a sua volta abbastanza ricco da poter declinare un'offerta anche piuttosto vantaggiosa per la sua casa, a meno che non vi fossero altri motivi a consigliargli di accettare la transazione; che Kubo vive solo, perché la moglie, malata di tubercolosi, è ricoverata in un sanatorio nello Shinshu, e che l'uomo colleziona rari oggetti artigianali fabbricati in carta di riso.
 
Matsumoto Seicho
 
 Ora, Eiko aveva composto degli haiku in cui venivano descritti proprio oggetti artigianali identici a quelli conservati nella casa del signor Kubo. E se la moglie - conclude dunque Asai - non fosse morta nella profumeria, bensì nella casa di Kubo, del quale era diventata l'amante, e fosse poi stata trasportata in un secondo momento nel negozio di Chiyoko, la quale, coprendo il vicino, lo aveva reso debitore nei propri confronti?
 Asai, via via sempre più convinto che le cose stiano proprio così, decide di affrontare Kubo, dal quale pretende almeno delle scuse. Una domenica segue dunque l'uomo fino a Fujimi, nella prefettura di Nagano, dove sorge il sanatorio in cui è ricoverata la moglie malata. Purtroppo il confronto fra i due degenera in un violento scontro: Kubo scarica l'intera responsabilità della vicenda erotica in cui è stato coinvolto su Eiko, rifiuta di scusarsi e, convinto che Asai lo voglia ricattare, minaccia di denunciarlo ai suoi superiori. Asai, che dopo aver perso la moglie si trova di fronte all'incubo di vedersi stroncare anche la carriera, la cosa a cui tiene di più al mondo, perde la testa e in un accesso di rabbia colpisce Kubo con una pietra uccidendolo.
 Da questo momento e per i mesi successivi, la vita di Asai sarà caratterizzata da un'ansia continua, nella costante paura di essere scoperto e di perdere tutto. Alla fine si tradirà da solo, in maniera assai sciocca, di fronte a due contadini di Fujimi che, dopo il delitto, gli avevano dato un passaggio in automobile fino alla stazione ferroviaria e che erano stati interrogati dalla polizia a proposito dell'uomo incontrato lungo la strada provinciale vicino al luogo del delitto. Il finale del libro, però, non sancisce la punizione del colpevole; semplicemente, lascia intravedere la convergenza su Asai dei sospetti delle forze dell'ordine e permette di immaginare il successivo sviluppo dell'inchiesta.
 Sebbene Matsumoto Seicho sia spesso presentato come "il Simenon giapponese", Un posto tranquillo - pubblicato per la prima volta nel 1972 -, a rigore, non si può considerare un classico romanzo giallo. Innanzitutto, l'indagine su cui il libro è impostato non porta a scoprire un delitto, ma conduce semmai il protagonista a compiere un delitto; in secondo luogo, mentre il poliziesco occidentale è perlopiù giocato sul contrasto tra il potenziale eversivo degli istinti e delle emozioni, e la geometrica esattezza dell'azione investigativa, volta a ristabilire verità, ordine e giustizia, qui siamo di fronte a uno schema diverso, perché assistiamo a una sorta di "intellettualizzazione delle emozioni" che genera un netto contrasto tra apparenza e realtà e problematizza l'idea secondo la quale risolvere un caso significa ristabilire la verità; infine, mentre la maggior parte dei polizieschi che conosciamo giunge a una conclusione che costituisce un ineludibile punto fermo della storia raccontata, in questo caso il finale è in qualche modo lasciato "aperto" di proposito.
 La volontà dell'autore, insomma, con tutta evidenza non è quella di definire un percorso attraverso il quale ricostruire una verità, ma raccontare una storia che si traduce in una critica implicita alla società giapponese, ai suoi costumi, alla mentalità dalla quale è dominata. Il ruolo ancillare della donna, l'ipocrisia per la quale una buona reputazione conta assai più di una sostanziale rettitudine morale, la supina accettazione della gerarchia - che si traduce spesso in vile condiscendenza nei confronti dei soprusi degli uomini di potere -, l'opportunismo senza scrupoli che caratterizza il mondo degli affari, la disciplina militare con cui viene inteso e declinato il rapporto di subordinazione sul posto di lavoro, la corruzione tollerata fino a quando si è abbastanza abili da celarla, l'assoluto predominio della sfera pubblica su quella privata: tutte queste cose vengono rappresentate con una chiarezza tale da trasformare il libro in una vera e propria denuncia dei difetti di un mondo in continua evoluzione, ma eternamente sospeso tra congenite arretratezze e proiezione verso il futuro. E' questa prospettiva che rende Un posto tranquillo un romanzo davvero notevole.
 
In poche parole: sebbene Matsumoto Seicho sia spesso presentato come "il Simenon giapponese", in virtù dell'eccezionale numero di libri pubblicati e della sua perizia nel declinare gli schemi del romanzo poliziesco, Un posto tranquillo non è certo un classico romanzo giallo. Prima di tutto dall'indagine scaturisce il delitto stesso e non la sua soluzione; in secondo luogo, anziché giocare sul contrasto tra il potenziale eversivo degli istinti e la geometrica esattezza dell'azione investigativa, volta a ristabilire la verità, l'ordine e la giustizia, la narrazione è tutta basata su una intellettualizzazione delle emozioni che genera un netto contrasto tra apparenza e realtà, e problematizza l'idea secondo la quale risolvere un caso significa ristabilire la verità. Così, l'inchiesta su cui il libro è imperniato, piuttosto che portare a restituire un ordine turbato, finisce per risolversi in una critica implicita della società giapponese, delle sue ambiguità, dei suoi elementi di arretratezza: il ruolo ancillare della donna, l'ipocrisia per la quale una buona reputazione conta di più di una sostanziale rettitudine morale, la supina accettazione della gerarchia, che si traduce spesso in vile condiscendenza nei confronti dei soprusi degli uomini di potere, l'opportunismo senza scrupoli che caratterizza il mondo degli affari, l'assoluto predominio della sfera pubblica su quella privata.

Voto: 7

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