Vittore Guerrieri, stabilitosi ormai da anni a Ceglie
Messapica, decide di comprare l’abitazione in cui da tanto tempo vive, e che
finalmente ha cominciato a considerare davvero casa sua. Carmela Maggiore, la
proprietaria, una donna quasi anziana, stanca e sola, che ha sempre dato
l’impressione di provare un certo disagio nei confronti di quelle quattro mura
ereditate da uno zio, gli venderà anche il piano terreno: così Vittore non avrà
più bisogno di usare la scomodissima scala esterna per salire fino al suo
appartamento-rifugio.
Un’amara sorpresa, però, lo attende. Esplorando l’accesso a una vecchia cisterna scavata sotto
la casa, Vittore trova una catena; appesa alla catena c’è una vecchia cassetta militare,
e dentro la cassetta militare lo scheletro di un bambino. Si scoprirà presto
che il corpicino appartiene a Domenico, un fratellino di Carmela scomparso
misteriosamente da Ceglie 50 anni prima. Il ritrovamento risveglia memorie
ormai sopite in tutti quelli che erano vivi all’epoca della scomparsa di
Domenico, e suscita una serie di inquietanti interrogativi: come morì Domenico?
Chi fu il responsabile della sua morte? E chi decise di dargli quella strana
sepoltura?
Coinvolto suo malgrado nelle indagini su quell’antico
delitto, Vittore sarà inseguito dalle ombre di un passato intriso di miseria,
invidie, soprusi e asprezze fino a Overijse, in Belgio, dove lo conduce il suo
lavoro di commerciante di prodotti tipici pugliesi: qui si impiglierà in
brandelli di brutte storie e atavici rancori legati alla strana figura di un
vecchio contadino di Ceglie, solitario, brusco, violento, addirittura cattivo:
Paquale Magli, detto Catnazz. Catnazz
è, come Vittore, un incallito giocatore d’azzardo, e del giocatore ha tutti i
misteri e le ambiguità; è stato forse lui a uccidere tanti anni prima il piccolo
Domenico, nipote del suo odiato datore di lavoro? Il disvelamento della verità
non mancherà di riservare sorprese.
Ceglie Messapica
Libro piacevole, intrigante, scritto in una lingua che sa
impastare le istanze immediate dell’oralità con un impianto lessicale a tratti persino
colto e con le spigolosità fonetiche del dialetto cegliese. La virtù principale
di Caterina Emili, però, è l’abilità nel disegnare personaggi di notevole
originalità, sulla suggestione dei quali si innesta lo spin narrativo: dal
protagonista-narratore Vittore Guerrieri, insieme disincantato e romantico, al
suo amico Mario, cinico e ingenuo; dal “professore” (già presente in altri
romanzi dell’autrice), sagace e sarcastico eppure fragile, alla povera Carmela
Maggiore, brutta e rassegnata, ma piena di commovente candore; soprattutto,
però, l’arido Catnazz, che il lettore non sa bene se condannare per il suo
egoismo e la sua crudeltà o compatire per la triste sorte che segna i reietti.
Certo manca qualcosa rispetto a precedenti prove narrative
dell’autrice: il “respiro” del racconto non sembra supportare fino in fondo l’articolazione
dell’intreccio, e l’affascinante realismo della contestualizzazione, nella sua
materialità, non sempre aderisce alla perfezione alla singolare complessità
della vicenda narrata. Resta comunque, questo, un bel romanzo.
Voto: 7
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