venerdì 10 luglio 2015

Caterina Emili, "Il ritrovamento dello zio bambino", Indies g&a



 Vittore Guerrieri, stabilitosi ormai da anni a Ceglie Messapica, decide di comprare l’abitazione in cui da tanto tempo vive, e che finalmente ha cominciato a considerare davvero casa sua. Carmela Maggiore, la proprietaria, una donna quasi anziana, stanca e sola, che ha sempre dato l’impressione di provare un certo disagio nei confronti di quelle quattro mura ereditate da uno zio, gli venderà anche il piano terreno: così Vittore non avrà più bisogno di usare la scomodissima scala esterna per salire fino al suo appartamento-rifugio.
 Un’amara sorpresa, però, lo attende. Esplorando l’accesso a una vecchia cisterna scavata sotto la casa, Vittore trova una catena; appesa alla catena c’è una vecchia cassetta militare, e dentro la cassetta militare lo scheletro di un bambino. Si scoprirà presto che il corpicino appartiene a Domenico, un fratellino di Carmela scomparso misteriosamente da Ceglie 50 anni prima. Il ritrovamento risveglia memorie ormai sopite in tutti quelli che erano vivi all’epoca della scomparsa di Domenico, e suscita una serie di inquietanti interrogativi: come morì Domenico? Chi fu il responsabile della sua morte? E chi decise di dargli quella strana sepoltura?
 Coinvolto suo malgrado nelle indagini su quell’antico delitto, Vittore sarà inseguito dalle ombre di un passato intriso di miseria, invidie, soprusi e asprezze fino a Overijse, in Belgio, dove lo conduce il suo lavoro di commerciante di prodotti tipici pugliesi: qui si impiglierà in brandelli di brutte storie e atavici rancori legati alla strana figura di un vecchio contadino di Ceglie, solitario, brusco, violento, addirittura cattivo: Paquale Magli, detto Catnazz. Catnazz è, come Vittore, un incallito giocatore d’azzardo, e del giocatore ha tutti i misteri e le ambiguità; è stato forse lui a uccidere tanti anni prima il piccolo Domenico, nipote del suo odiato datore di lavoro? Il disvelamento della verità non mancherà di riservare sorprese. 

Ceglie Messapica

 Libro piacevole, intrigante, scritto in una lingua che sa impastare le istanze immediate dell’oralità con un impianto lessicale a tratti persino colto e con le spigolosità fonetiche del dialetto cegliese. La virtù principale di Caterina Emili, però, è l’abilità nel disegnare personaggi di notevole originalità, sulla suggestione dei quali si innesta lo spin narrativo: dal protagonista-narratore Vittore Guerrieri, insieme disincantato e romantico, al suo amico Mario, cinico e ingenuo; dal “professore” (già presente in altri romanzi dell’autrice), sagace e sarcastico eppure fragile, alla povera Carmela Maggiore, brutta e rassegnata, ma piena di commovente candore; soprattutto, però, l’arido Catnazz, che il lettore non sa bene se condannare per il suo egoismo e la sua crudeltà o compatire per la triste sorte che segna i reietti.
 Certo manca qualcosa rispetto a precedenti prove narrative dell’autrice: il “respiro” del racconto non sembra supportare fino in fondo l’articolazione dell’intreccio, e l’affascinante realismo della contestualizzazione, nella sua materialità, non sempre aderisce alla perfezione alla singolare complessità della vicenda narrata. Resta comunque, questo, un bel romanzo.

Voto: 7

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