Fra i grandi scrittori, ve ne sono alcuni che paiono
sperimentare sempre temi, stili e forme nuove, allargando continuamente il
perimetro delle realtà su cui cercano di fare presa; e altri che ripropongono
per tutta la loro vita i medesimi temi nella medesima forma, approfondendo semmai
sempre più l’indagine sugli aspetti particolari della psicologia umana che
stanno loro a cuore, tanto da dare talvolta l’impressione di riscrivere sempre
un unico libro. A questa seconda categoria appartiene sicuramente Patrick
Modiano, premio Nobel per la letteratura nel 2014.
In cima agli interessi di Modiano, infatti, vi sono sempre le
misteriose, inattese, labili eppure ostinate persistenze del passato nel presente:
i fantasmi del tempo che, se da una parte non ci si può mai lasciare del tutto
alle spalle, dall’altra restano sempre inafferrabili.
A volte, nei protagonisti dei suoi libri, è la semplice
ricorrenza di un nome a creare un sorprendente cortocircuito mnemonico che
collega fatti e persone tra loro lontanissimi; altre volte è un luogo, che pare
non mutare mai, mentre le persone che lo frequentavano scompaiono o cambiano
fino a diventare irriconoscibili (e, in fondo, tutta la carriera del narratore
francese è basata sulla rivisitazione spiritual-letteraria di personaggi e
luoghi realmente da lui frequentati durante l’infanzia e la giovinezza, come
appare chiaro nel suo testo più scopertamente autobiografico, Un pedigree).
Perché tu non ti perda
nel quartiere è la
storia di uno scrittore ormai anziano, Jean Daragane, che vorrebbe votarsi alla
solitudine e all’isolamento, ma un giorno viene contattato da un individuo che
ha ritrovato un’agendina telefonica smarrita tempo prima da Daragane durante un
viaggio in treno. Quando l’uomo, Gilles Ottolini, in compagnia della bella
Chantal, incontra Daragane per restituirgli l’agendina, gli pone alcune domande
– con una grinta che allo scrittore appare quasi minacciosa – su uno dei nomi
in cui casualmente si è imbattuto sfogliando il quadernetto: Guy Torstel.
Torstel compare infatti negli atti dell’indagine su un delitto compiuto
sessant’anni prima e a proposito del quale Ottolini sostiene in modo un po’
vago di dover scrivere un articolo. Il fatto è che il nome Torstel, di primo
acchito, non dice proprio nulla a Daragane, né egli sa spiegarsi come possa
essere finito dentro quell’agenda.
Solo dopo alcuni giorni di riflessioni, e le insistenti
pressioni esercitate sullo scrittore dall’affascinante Chantal all’insaputa di
Ottolini, una lunga catena di memorie emerge dalle nebbie del passato di
Daragane; quelle memorie, però, finiscono per relegare in secondo piano sia Guy
Torstel sia Ottolini − che praticamente scompare dal romanzo e il cui ruolo si
riduce a quello di accidentale pretesto narrativo per richiamare l’attenzione
su una realtà lontana −, e spostano prepotentemente i riflettori su un altro
personaggio che compare nel dossier preparato da Ottolini per stendere il suo
misterioso articolo, Annie Astrand, e sul bambino che era con lei quando, dopo
quell’antico delitto degli anni cinquanta, la donna fu arrestata mentre stava
tentando di passare la frontiera tra Francia e Italia a Ventimiglia.
Un'immagine di Patrick Modiano
Nel continuo rincorrersi e accavallarsi dei piani temporali,
nella fuga della mente del narratore e dei suoi ricordi dal passivo adeguamento
a un ordine cronologico preordinato, viene a poco a poco a galla una verità dai
contorni sfrangiati e sfumati, che scansa le spiegazioni razionali, ma scopre
ancora vivi stati d’animo che paiono attraversare intatti i decenni: il bambino
sconosciuto che Annie Astrand portava con sé quando fu arrestata era lo stesso
Jean Daragane; e Annie – allora una giovane prostituta – badava a lui, che le
era stato affidato, chissà perché, dalla madre. L’affetto e la gratitudine che
Jean continua a provare per Annie dopo sessant’anni, e l’importanza che quella
donna ebbe per lui si possono emblematicamente spiegare con il foglietto che
ella, all’epoca in cui abitavano insieme a Parigi, gli lasciava in tasca quando
era costretta ad assentarsi per pomeriggi interi. Sul foglietto c’era una mappa
della zona della città in cui vivevano, in cui il piccolo Jean avrebbe potuto
muoversi liberamente, e sotto un’indimenticabile scritta: “Perché tu non ti perda
nel quartiere”.
In un frangente in cui il mercato letterario è dominato da
opere appassionanti, che vogliono
catturare il lettore con trame complesse e avvincenti, Modiano sa conquistare
semplicemente in virtù del suo stile ipnotico, che lascia intuire e fa
presagire molto più di quanto non racconti a chiare lettere.
Voto: 7,5